I pirati non sono hacker. E la pirateria informatica è colpa anche dello Stato

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Repubblica ha appena pubblicato Il Bel Paese dei pirati - siamo un popolo di hacker, un articolo di cui si capiscono qualità e impostazione prima ancora di leggerlo.

Il messaggio del titolo è che pirata informatico= hacker. Questa equivalenza è, da parecchi anni, un modo sicuro per riconoscere (in)competenza e intenzioni (coscienti o no) di chi scrive di informatica. Il pirata informatico è qualcuno che commette un reato usando il computer. Hacker è un termine la cui traduzione adeguata in Italiano potrebbe essere “smanettone, maniaco di qualche tecnologia, non necessariamente informatica”: che c’è di illegale in questo? A dire o sottintendere che pirata = hacker si comunica il messaggio che essere smanettoni è illegale, o quantomeno socialmente discutibile. Perché?

Ma andiamo avanti. Metà dell’articolo non fa che ripetere gratis, accettandola come Vangelo, una sola campana, cioè le dichiarazioni lacrimose di chi, come la FAPAV, vuole mantenere il controllo della distribuzione musicale:

_"Una terribile proiezione contenuta in un recente studio della società "Tera consultants" sulla pirateria fisica e via Internet... le industrie creative dell'Unione Europea potrebbero subire entro il 2015 perdite pari a 240 miliardi di euro e 1,2 milioni di posti di lavoro in meno"_

invece, come scrivevo parlando di volantini anti-pirateria fatti male: il diritto d’autore va rispettato, ma se si vogliono fare questi discorsi, prima bisognerebbe capire seriamente quanto sia grande il danno e per chi, anziché prendere ciecamente per buone le cifre di parte diffuse dai discografici, vedi ad esempio questa analisi (o quest’altra).

L’articolo poi ripete lo stesso errore del titolo: la diffusione della banda larga ha modificato lo scenario in maniera sostanziale, portando il downloading e la pirateria attraverso Internet a crescere esponenzialmente. Sarà interessante sentire cosa pensa Vendola di questa messa sotto accusa della banda larga, visto che ne parla sempre come di un toccasana, anche quando lo fa solo perché vuole cambiare discorso, ma questa è un’altra storia. Il problema di quella frase è che fa l’equazione implicita downloading = pirateria, quando invece scaricare da Internet non è sempre illegale. Questo deve essere chiaro, anche e soprattutto per rimediare alla disinformazione che rischiamo da iniziative ufficiali come quelle di Polizia delle Comunicazioni e Google oppure di EMCA nelle scuole pubbliche italiane! Se volete sapere con certezza (finché non cambieranno le norme, vedi l’articolo di Repubblica) quando e cosa si può legalmente scaricare da Internet, leggetevi invece la Guida per Scuole e Famiglie al Diritto D’autore.

E il software?

Dopo aver spiegato che copiare illegalmente musica e film provocherà danni peggiori del riscaldamento globale, l’articolo passa al software:

_"Anche il software è colpito fortemente dalla pirateria on line, come sottolinea lo studio IDC voluto dalla Business Software Alliance (BSA): i dati indicano che la pirateria software è aumentata in tutto il mondo... Nello scenario europeo l'Italia è al vertice della diffusione di software pirata assieme alla Grecia con il 57% del mercato"_

peccato che non parli di tutti i casi (gli stessi di cui scrivevo… 11 anni fa) in cui aziende e famiglie sono costrette, o almeno incoraggiate, ovviamente in maniera indiretta, a usare software pirata da pubbliche istituzioni di qualunque tipo, da scuole a partiti politici. Per esempio,

Oltre alla versione di poche grandi aziende gli autori avrebbero dovuto raccontare anche l’enorme danno economico per TUTTE le aziende, famiglie, scuole e Pubbliche Amministrazioni italiane che deriverebbe dal pagare licenze software non necessarie! Con la crisi che c’è, molte famiglie e piccole aziende non hanno certo soldi per licenze software. Poco male, c’è tanto software libero che è perfettamente adeguato ai loro effettivi bisogni (1). O meglio, lo sarebbe se non dovessero usare per forza certi programmi, solo perchè, se il professore o il cliente non vedono il formato di file che loro, per pura pigrizia o ignoranza, pretendono, il figlio non si laurea oppure il pagamento non arriva. Allora perché non dire anche che, almeno per certi programmi, la pirateria è obbligata da chi impone o tollera dall’alto formati proprietari anche quando non ce n’è alcun bisogno effettivo?

Ricapitolando, questo articolo di Repubblica ha un solo valore: dimostra ancora una volta che, copiando e scaricando a destra e manca anche quando non ce n’è nessun bisogno (2) si fa solo un enorme favore alle multinazionali. Perché gli si forniscono le prove per fare certe affermazioni e dare credibilità a proposte di legge deliranti come i certificati di vaccinazione computer per navigare su Internet o la rottamazione del software a spese dei contribuenti. Pensateci, per favore, prima di scaricare illegalmente da Internet. E chiedete al Parlamento e a tutte le amministrazioni pubbliche centrali e locali di imporre l’uso esclusivo di formati digitali non proprietari per i documenti pubblici.

  1. e questo Repubblica lo sa benissimo, anche se se ne scorda

  2. non avete mai incontrato gente, soprattutto giovani, che ha il computer pieno di canzoni, testi e film che ancora non ha mai aperto?

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