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Pesaro, Microsoft e OpenOffice: domande e conseguenze per tutti

L’altro giorno ho riassunto i punti più discutibili o incerti dei vagabondaggi informatici del Comune di Pesaro, anticipando “conseguenze e domande, sia per chi li critica che per Pesaro, di cui ancora si è parlato poco o niente”. Sono quelle che, almeno per Pesaro, hanno poco o niente a che fare con il tema iniziale, cioè l’uso di software Open Source nelle Pubbliche Amministrazioni. E quelle, per l’Open Source in quanto tale, sulle strategie più efficaci per proporlo. Partiamo da Pesaro. Contando sul fatto che il suo sindaco Matteo Ricci, essendo anche vicepresidente dell’ANCI, porti i temi che seguono all’attenzione di tutti i comuni Italiani.

Hacker prova con Open Data che Microsoft costa poco

No, non proprio ma… A dicembre del 2014 Matteo Renzi annunciò soldipubblici.gov.it, il portale per  capire tramite Open Data “quanto, chi e cosa” si spende di soldi pubblici. Quasi subito un hacker,

Quante propagande commerciali si fanno a scuola?

Lo scorso gennaio alcuni genitori della scuola elementare Iqbal Masih di Roma (*) hanno detto no alla proposta di trasformare quella dei loro figli in “una Cl@sse 2.0 tutta tablet e tecnologia”, ritenendo che “troppa didattica digitale può essere dannosa”.

Boccia e Renzi, invece della Web Tax parliamo di Windows 8?

“Web tax” è una legge proposta da Francesco Boccia (PD) che avrebbe dovuto (semplificando molto) “obbligare i giganti del Web, da Google ad Amazon, ad aprire la partita Iva per pagare il fisco italiano”. Matteo Renzi (PD) e tanti altri l’hanno stroncata fino a farla abrogare a metà e far dire a Boccia che c’è una “preoccupante subalternità economica e culturale alle multinazionali americane del web”. Prima o poi se ne riparlerà sicuramente, almeno in sede Europea.

Risposta di Antex al mio post del 2013

(pubblico, in formato integrale e senza alcuna modifica, questa risposta appena ricevuta dal [dottor Colagrossi, Direttore BU-IT del Gruppo FIS / Antex giorgio.colagrossi@antex.it], a un mio post dell’anno scorso)

Scuola 2.0: solo per i colossi, e senza Book in Progress?

La settimana scorsa Repubblica ha pubblicato una sorta di spot pubblicitario mascherato da articolo, comunque interessante e con un titolo onesto: