Open Data, "mancano i requisiti". Tutto vero, ma...
G. Sebastiano è scettico sugli Open Data (se non sapete cosa sono, leggete qui). Lo è soprattutto a proposito del “come”, “perché il “come” negli open data è tutto” e in Italia, scrive:
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come scriveranno questi flussi dati i 5.000 comuni, le oltre cento province, le 20 regioni, la pletora di ministeri, visto che per decenni ognuno lo ha fatto come faceva più comodo alle varie società che hanno realizzato i software gestionali?
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per scambiare e comparare efficacemente i dati ci vorrebbe che “qualcuno mettesse tutte le amministrazioni intorno a un tavolo a decidere” quale formato comune usare
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logica vorrebbe che poi tutti, ma proprio tutti, in forma automatica e costante, producano questa montagna di dati tutti coerenti e tutti nello stesso modo, altrimenti per confrontarli si diventerebbe scemi
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per leggere i dati occorre una competenza mancante al 70% degli adulti Italiani, che sono praticamente analfabeti funzionali
Per questo, conclude Sebastiano, sarebbe certo bello che la PA, tutta insieme, in un sol colpo, trovasse il modo di fornire dati come si deve, che quei dati venissero poi regolarmente aggiornati da tutti e che venissero letti e interpretati correttamente, però “scusate l’amarezza, non ci credo”.
Nulla di personale, ci mancherebbe altro, ma a me articoli del genere provocano un pochino di fastidio. Non gli articoli in quanto tali, perché non nego affatto i problemi reali che descrivono, ma il pensare all’uso che certamente ne faranno tanti amministratori e funzionari pubblici.
Il punto 4 è un problema molto grave, lo dicevo io stesso quasi due anni fa, facendo anche un esempio relativo alla spesa pubblica. Ho anche presentato una proposta per educare agli Open Data nelle scuole. Ma è un problema generale, che esiste a prescindere dagli Open Data. Se dovesse convincermi a non fare qualcosa, forse quel qualcosa dovrebbe essere proprio il vivere in Italia.
Un discorso pressochè identico vale per il punto 1. Teoricamente le PA italiane dovrebbero riusare software e procedure, in realtà hanno quasi sempre fatto ognuna come gli pare, come racconto qui e prima cambieranno sistema meglio è, Open Data o no.
Riguardo agli altri due punti, se davvero portassimo tutte le PA italiane a uno stesso tavolo, ci metterebbero anni solo per decidere dove sedersi. Vero, ma in realtà a quel tavolo non bisogna sedercisi nè subito, nè tutti insieme in una volta sola (anche se fosse necessario: per imporre un unico formato di dati per cose come l’Anagrafe può e dovrebbe bastare una legge statale, perché mai dovrebbero consumarcisi 8000+ rappresentanti comunali?)
È certo anche che se, volessimo davvero solo Open Data completi e perfetti al primo colpo, quelli potrebbe darceli solo la Fata Turchina. Embeh? Chi è che chiede davvero una cosa del genere? Qualsiasi proposta seria e completa di Open Data spiega chiaramente che:
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si può e si deve andare per approssimazioni successive. Perché, per dirla con Eaves, anche Open Data parziali, poco importanti, da ripulire, eterogenei sono 1000 volte meglio di come abbiamo campato fin’ora
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buona parte del lavoro di pulizia dei dati può essere fatto da terzi, fuori dalle PA e non a loro carico. È quel che è già succede in Italia con OpenPolis e altre organizzazioni del genere
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l’importante è che i dati effettivamente esistenti vengano messi online prima possibile, qualunque ne sia il formato, con le licenze giuste
Concludendo, cari amministratori e dirigenti pubblici italiani: non c’è dubbio che arrivare a Open Data perfetti è un lavorone lungo e complesso, ma nessuno vi sta chiedendo “o quello, o niente”. Quindi, per favore, non usate le complessità (vere) spiegate da Sebastiano come scusa per non iniziare subito! Mettete online con la licenza adeguata quello che avete, fossero pure 4 file PDF puzzolenti, non preoccupatevi. Se davvero nessuno andasse a leggerli pazienza, tanto lo spazio sui server costa pochissimo. In caso contrario, che diritto avete di non pubblicare dati pubblici solo perché non sono nel miglior formato possibile?
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