AGCOM: quanti italiani hanno capito chi vuole colpire davvero?
AGCOM, l’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni, dovrebbe adottare domani una nuova disciplina sulla protezione dei diritti d’autore online che avrebbe, diciamo così, qualche problemino. Sintetizzando al massimo dalle ottime spiegazioni di Guido Scorza che vi chiedo di leggere per intero, ovvero Golpe sul web: fermiamoli e AGCOM, lo chiamavano Trinità, AgCom, gerarchi d’autore, il “problemino” consiste nel fatto che:
- AGCOM si avvia a trasformarsi in uno sceriffo intenzionato a “fare giustizia sommaria” secondo un codice scritto solo da lei stessa insieme alla lobby dei titolari dei diritti. Con le nuove regole, su segnalazione dei titolari dei diritti AGCOM potrà, dopo un procedimento sommario destinato a concludersi in cinque giorni e senza contraddittorio con chi ha pubblicato qualcosa online, ordinarne l’immediata rimozione di quel materiale o un filtraggio che lo renda inaccessibile ai naviganti italiani.
- Anche se l’idea in sè fosse giusta (e tecnicamente possibile, ma quelle sono minuzie, ti pare che la politica italiana possa farsi fermare dalla realtà, NdR), AGCOM non può applicare quel regolamento perché sono poteri che non le competono, punto.
Gli articoli che ho appena citato, insieme al sito No al Bavaglio a Internet spiegano già il nocciolo del problema, per cui mi limito a ragionare su un paio di punti secondari che sono già stati detti ma non mi pare abbiano ricevuto abbastanza attenzione.
Uno è la (insufficiente) reazione degli Italiani. Stefano Epifani si è chiesto giustamente:
chi difende la libertà della Rete? Non i suoi abitanti, che sembrano più interessati ad altro... la manifesta indifferenza di gran parte degli utenti della Rete, inconsapevoli dei loro diritti e del rischio di perderli, è un segnale forte e chiaro per chi un giorno questi diritti volesse davvero attaccarli... [Mentre si discutono le sorti della (loro) libertà in Rete] gli Italiani in Rete parlano di Hanna Montana, Ciao Darwin eTamarreide.
Qui secondo me non c’è (purtroppo) nulla di inatteso. Questo è solo un altro esempio del problema che ho già segnalato parlando di Italiani ultimi in Rete, primi su Facebook e di Italia spaccata in due, chi vede solo la TV (al limite su Internet) e chi vede solo Internet.
L’altra cosa che vorrei sottolineare è che (anche se, di nuovo, non sono certo il primo ad averlo scritto) secondo me non c’è abbastanza gente che ha già capito chi si vuole veramente colpire e perché, con queste nuove regole. Per esempio, ho letto non ricordo più dove che:
- [questo nuovo regolamento sarebbe] l’ennesima ricetta inutile e liberticida elaborata dall’industria dei contenuti allo scopo di cercare, ancora una volta, vanamente di rimediare alla propria incapacità di adattarsi al mondo che cambia.
- Come sempre ci andranno di mezzo i siti personali e/o amatoriali, mentre quelli che difendono gli interessi delle caste discografiche e cinematografiche, nonché le onlus e le associazioni di volontariato (che spesso sono “caste” anche loro), la faranno franca.
L’obiettivo vero di regole come queste, o almeno l’effetto più pericoloso, non è affatto difendere gli interessi delle caste discografiche e cinematografiche e non saranno affatto i siti “personali e/o amatoriali” (ammesso che una distinzione del genere abbia ancora senso) a rimetterci.
Certo, l’industria dei contenuti passa tantissimo tempo a lamentare le perdite enormi che subirebbe per la pirateria online. Però a me piace pensare che uno dei motivi (certo non il primo) per cui “Mediaset è calata del 28 per cento da aprile” è che tanti azionisti e analisti non sono stupidi e cominciano a rendersi conto di quanto dicevo tempo fa commentando le accuse di Confalonieri ai pirati audiovisivi: se controllare e regolare Internet quanto è possibile fare con media unidirezionali e/o controllati centralmente è impossibile tecnicamente, è ora di cambiare modello di business e investire da qualche altra parte. E allora? Allora…
Secondo me queste cose all’AGCOM le sanno benissimo ma non gliene frega più di tanto. L’obiettivo vero di regole come queste non è difendere copyright e royalty televisive: è solo avere abbastanza armi legali per oscurare velocemente chi da' fastidio a livello civico/politico. Se Tizio mette online un’intervista TV a un politico solo per mostrare a tutti, in un commento allegato, che quel politico non è onesto o competente, non lo si può denunciare per il commento, visto che la Costituzione (ancora) garantisce libertà di parola. Ergo, si danno ad AGCOM gli strumenti che ufficialmente proteggono non i politici ma le TV, cioè solo risparmiatori e posti di lavoro. Così diventa possibile cancellare con il video (che creerebbe una, reale o presunta, perdita economica alla TV) anche il vero problema, cioè il commento che danneggia politicamente l’intervistato.
Tutto qui. Però non mi pare che sia ancora abbastanza chiaro. Spero di sbagliarmi. Anche perché l’esempio che ho fatto non è mica ipotetico, è più o meno quel che è successo all’Unione Consumatori qualche settimana fa. Anche senza AGCOM.
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