Quella bomba a tempo delle scuole e di Facebook

Consideriamo questi due casi:

  1. un insegnante documenta una qualche attività svolta in classe pubblicando foto e dettagli vari non solo sul blog della scuola, ma anche su Facebook. Tanto, “cosa cambia tra un blog visibile a tutta Internet e una pagina di Fb con pochi iscritti?"

  2. (molto peggio del primo) un insegnante che crea un gruppo Facebook chiuso e segreto, appositamente per la didattica, cioè per condividere materiali, assegnare compiti, per ricordare consegne e scadenze, rispiegare argomenti su richiesta, nel gruppo stesso o anche con messaggi privato o chat

Secondo me, entrambi gli insegnanti (e i loro presidi) non hanno valutato a sufficienza certi aspetti della questione. Nel primo caso, mettere immagini in un blog/sito proprio o su Facebook NON è affatto la stessa cosa. Come potrebbe esserlo? Se metti una foto su un blog/sito tuo, legalmente e formalmente chi detta le condizioni per vederla E SI ASSUME LE RELATIVE RESPONSABILITÀ sei solo tu. Se le foto le metti su Facebook, dai a Facebook l’autorizzazione di raccogliere dati su chiunque le guarda e condividerli con chi vuole, mandargli pubblicità mirata… Come si fa a dire che è la stessa cosa? Anna Armone lo spiega bene qui:

Lo sforzo che bisogna compiere è quello di mirare al raggiungimento del risultato, sia esso il riconoscimento di un merito del bambino, sia esso l’informazione sulle attività che la scuola svolge. È l’invasività che va tenuta sotto controllo. Gli stessi risultati vanno perseguiti con il mezzo e le modalità meno invasive. Esse non devono essere potenzialmente foriere di danno per il minore e non solo in modo diretto, ma anche indiretto (basta pensare a relazioni familiari e parentali difficili, effetti di problemi economici ecc.).

Il secondo caso è peggio ancora. Un preside potrebbe impedire a un docente di lavorare così? Dovrebbe farlo? Secondo me:

  • Se un preside promette (e non può fare altrimenti, sono disposizioni del Garante della Privacy, mica slogan nei cessi delle stazioni…) che la sua scuola (cioè anche i suoi insegnanti) raccoglierà, riuserà ed eventualmente ridistribuirà a terzi dati personali SOLO nella misura in cui è necessario per effettive esigenze didattico/amministrative (ed è ovvio che questo, anche solo in teoria, può garantirlo SOLO sul sito scolastico che lui “possiede”, cioè di cui PUÒ imporre policy eccetera…)

  • e un suo docente per “condividere materiali e compiti digitali, ricordare consegne e scadenze, fornire eventuali spiegazioni sia collettive sia individuali” non utilizza il sito scolastico, ma uno che invece esiste PROPRIO E SOLO per raccogliere e monetizzare con chiunque sia interessato, a scopi pubblicitari o altro data mining, più dati personali possibile

beh, secondo me mettendo insieme a) e b) la conseguenza è che non solo il preside “può” impedire eccetera, ma per come stanno le cose oggi è obbligato a farlo. Checchè ne pensino di Facebook lui o i suoi docenti. Che un gruppo sia privato o no non potrebbe contare di meno. Facebook esiste proprio per analizzare e riconoscere automaticamente, sempre, post come “se non hai capito questo teorema, prova questo esercizio”, al fine di mostrare a chi lo ha ricevuto pubblicità di lezioni private a pagamento.

È o non è una palese contraddizione chiedere dati personali promettendo che verranno usati o ridistribuiti solo per scopi istituzionali/non commerciali e poi (lasciar) svolgere attività didattica o informativa solo in posti che esistono proprio per fare data mining non controllabile? Che differenza c’è, in pratica, fra dare spiegazioni di matematica via Facebook e inviare a un Centro Studi privato la lista dei nominativi a cui inviare volantini?

Per questo io rido come un pupo ogni volta che vedo scuole che ti fanno una testa così con regolamenti, POF, impegni solenni a tutela della privacy e via dicendo… e poi fanno o fanno fare ai singoli professori gruppi Facebook specificamente per attività didattiche. Perché vedo avvicinarsi sempre di più il momento in cui qualche genitore smetterà finalmente di stressarsi (solo) di cyberbullismo e maniaci online, per dire:

“Scusi signor Preside, che c..o me l’ha fatta firmare a fare la liberatoria sul trattamento dei dati personali solo a fini scolastici eccetera se poi mio figlio minorenne per discutere i compiti online col professore non ha un forum sul sito scolastico, ma deve per forza farsi schedare E BOMBARDARE DI PUBBLICITÀ da Facebook (e associati), che dei vostri regolamenti scolastici, per non dire delle leggi italiane, se ne frega per statuto?"

trovando sicuramente avvocati e/o associazioni pronti ad assisterlo, nonché il Garante costretto a dargli ragione (*). Prima o poi succederà, statene certi. Francamente, non vedo l’ora che scoppi come si deve, una grana di questo genere, per fare finalmente chiarezza. Nella testa degli educatori, prima ancora che in leggi e istituzioni varie. Un insegnante pienamente consapevole di quanto sopra e deciso a fregarsene, correndo i rischi del caso, di discorsi e normative che considera ridicoli e ingiusti ci potrebbe anche stare, uno ancora convinto che “basta fare un gruppo privato” un po' meno.

E NON dimenticate che…

  1. eventuali liberatorie dei genitori servono a poco, da questo punto di vista: se per un’amministrazione pubblica è vietato diffondere dati sensibili su dei minori, non è certo il consenso dei genitori che cancella quel divieto. Sarebbe come dire che un insegnante può fumare in classe se ha l’autorizzazione a farlo dai genitori di tutti i suoi alunni

  2. qui si è parlato specificamente di scuola, ma è evidente, almeno spero, che lo stesso identico problema esiste per qualunque organizzazione educativa per minorenni, dagli oratori a centri estivi, sportivi, tutto

(*) insieme, penso e spero, al Ministero dell’Istruzione. Come ha già fatto quello tedesco: “Sempre più spesso ci sono insegnanti e studenti che parlano su Facebook di questioni legate alla scuola e noi non lo vogliamo… il modello commerciale dei social network non è compatibile con la missione educativa delle scuole pubbliche”