Formati, software e mercati liberi, una spiegazione per architetti

Ho scoperto pochi minuti fa il sito Amate l’Architettura perché ha appena pubblicato una proposta per la creazione di un software CAD libero (bravi!) che fra le giustificazioni cita (grazie!) un mio articolo sull'importanza dei formati digitali APERTI e non proprietari.

Dopo i ringraziamenti all’autore, sono praticamente obbligato a commentare le osservazioni mosse dal suo amico o collega Pietro, che lo hanno ispirato a scrivere quella proposta. Come potete leggere nell'articolo originale Pietro sosterrebbe che:

  che lo stato finanzi la produzione di software liberi
  mi sembra una turbativa di mercato.
  [...]
  Il software libero va benissimo, ma non può passare il
  principio che i produttori di software non abbiano i
  diritti sul loro prodotto.

Caro Pietro (e tutti gli altri architetti che la pensassero come lui), posso chiederti, costruttivamente e con tutto il rispetto: ma che dici? Stai parlando sul serio? Ti sei documentato?

Ragioniamo un attimo su quelle due affermazioni:

che lo stato finanzi la produzione di software liberi mi sembra una turbativa di mercato.

A me invece, e non solo a me, che lo stato finanzi o favorisca solo la produzione di software proprietari (perchè imporre o tollerare che tanti progetti e documenti da scambiare con le PA siano solo in formati proprietari come DWG è proprio questo, nè più ne meno, e inizia nelle scuole!) sembra:

  • per cominciare, proprio una turbativa di mercato (fra l’altro, come lamentava questo imprenditore italiano, spesso a favore esclusivo di aziende straniere)

  • in generale, una politica veramente da pirla. Di chi ha o dovrebbe avere quali diritti sul software ne parleremo fra un attimo, ma:

    • progettare usando un software che produce file illeggibili da altri programmi è come pagare un architetto per farsi fare la villetta, ma lasciando che solo lui abbia le chiavi

    • lo capisci che se c’è una proprietà di questo mio scritto o di un tuo progetto, dovrebbe essere mia nel primo caso e tua nel secondo, anziché degli autori di WordPress (1) e di quelli di AutoCad?

    • lo capisci che finché farai progetti in formati di file che sono completamente apribili, leggibili e modificabili solo con il software segreto di una sola azienda privata è inutile, quasi patetico, che parli di tutela delle “tue” opere d’ingegno, perchè il copyright=diritto di copia (e riuso) di quei TUOI file di fatto ce l’hanno loro e non tu?

    • lo capisci che è per situazioni del genere che poi vengono fuori assurdità come la rottamazione del software?

    • di conseguenza, perché lo Stato dovrebbe spendere soldi dei cittadini per (far) produrre qualcosa di pubblico (scuole, autostrade…) in modi che mettano la futura manutenzione di quelle infrastrutture pubbliche alla mercè nemmeno dei progettisti, ma di una sola azienda privata che potrebbe anche essere fallita nel frattempo?

Ho parlato di Stato, ma lo stesso discorso vale per le aziende private. Un mio amico hacker potrebbe raccontarti di quell’azienda locale che, pur avendo sempre pagato tutte le licenze AutoCAD, ha perso non so quante ore di lavoro quando ha scoperto che certi vecchi file non erano più leggibili dalle ultime versioni di AutoCAD.

E se vuoi decine di esempi di quanto affidarsi a formati e software proprietario sia economicamente e politicamente dannoso, scaricati questo mio seminario oppure leggiti questi articoli divulgativi sullo stesso tema. Per ora, passiamo all’altra affermazione:

Il software libero va benissimo, ma non può passare il principio che i produttori di software non abbiano i diritti sul loro prodotto.

Caro Pietro, sempre costruttivamente e con tutto il rispetto, posso chiederti chi ti ha raccontato questa panzana che i produttori di software libero “non hanno diritti sul loro prodotto”? Il software libero è software i cui produttori (che spesso sono privati che certo non lavorano per la gloria):

  • hanno tutti i diritti riconosciuti dalle leggi internazionali su copyright, proprietà intellettuale eccetera, nè più nè meno

  • decidono liberamente di rinunciare ad alcuni di quei diritti, o meglio di cederli o condividerli con tutti gli altri rilasciando quel software con opportune licenze. E possono farlo, almeno con le leggi attuali che nella maggior parte dei casi vanno benissimo anche a loro, proprio perché nessuno, a partire da loro, vuol “far passare il principio” che non abbiano quei diritti

Premesso questo, esiste già da un pezzo il lavoro su commissione, anche per le opere d’ingegno: a me per esempio capita che qualcuno mi paghi in anticipo per scrivere qualcosa, che altrimenti non avrei mai potuto o voluto scrivere, ma lo fa solo a condizione che io gli ceda tutti i diritti di sfruttamento economico e di fare eventuali opere derivate. Se a conti fatti mi conviene lo faccio, altrimenti no. Come tantissimi altri autori di testi, da completi sconosciuti ai Premi Pulitzer.

Ora, se anche lo stesso principio venisse applicato sistematicamente da una PA, che non solo non deve avere fini di lucro ma spende soldi non suoi, per tutte le opere creative che commissiona, dalla scrittura di software alla costruzione di scuole o musei (2), quale sarebbe il problema? Perché sarebbe un problema?

  1. il software con cui gira questo sito)

  2. nel software già accade spesso, nell’architettura non so, magari si fa già anche in quel campo, ditemi voi