Primo Levi spiega l'importanza (e l'assenza) degli ebook nelle biblioteche pubbliche

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67 anni fa Primo Levi è stato deportato ad Auschwitz. 64 anni fa ha pubblicato un libro su quell’esperienza intitolato Se questo è un uomo. 24 anni fa Primo Levi è morto. Oggi Primo Levi mi ha ricordato l’assurdità di certe leggi e di certi sprechi di denaro pubblico e quanto la tecnologia potrebbe aiutare la cultura.

Oggi ho incontrato uno studente di liceo che, dovendo leggere Se questo è un uomo per scriverci una relazione, ha preso in prestito nella Biblioteca Comunale più vicina a casa sua una copia. Che era in condizioni pietose.

Io rispetto il diritto d’autore, amo tantissimo la lettura e amo tantissimo i libri cartacei. Ho la fortuna di averne centinaia e se avessi lo spazio (e i soldi, certo) ne avrei parecchie migliaia. Onestamente, penso che le persone che, pur avendone la possibilità, non leggono praticamente mai e non educano i loro figli a leggere regolarmente rinunciano a qualcosa di molto importante. Viva la lettura, viva tutti i libri e viva le Biblioteche Pubbliche.

Chiarito questo, quanto ha senso un sistema di biblioteche pubbliche in cui il prestito di libri cartacei è ancora la regola, non l’eccezione? Quella copia di Se questo è un uomo casca a pezzi e non è nemmeno particolarmente pulita. Nel posto da cui proviene ci sono parecchie centinaia, se non migliaia, di altri titoli nelle stesse condizioni.

Affitto dei locali, bollette assortite, personale: un sistema del genere costa parecchio anche se mette a disposizione di chi ne ha bisogno solo una minima parte di quanto si potrebbe leggere, se non altro per ragioni di spazio. Io in passato sono stato costretto a mandare al macero decine di libri che per ragioni di spazio non potevo più tenere semplicemente perché nessuna delle biblioteche nel raggio di 10 KM da casa mia (comunali, parrocchiali…) aveva spazio.

Oggi si fa un gran parlare dei libri elettronici (parlo dei libri in quanto tali, che sono semplici file, non dei dispositivi per leggerli!), ma quasi sempre solo di quelli nuovi. Le foto in questa pagina ricordano che c’è una classe di libri molto, ma molto più grande di quella. Se tutti quei libri fossero liberamente disponibili nel formato elettronico adatto, potrebbero fare tantissimo per diffondere la cultura in Italia o qualsiasi altro paese, a un costo molto minore del sistema attuale. Un mucchietto di hard disk grosso quanto un elenco del telefono costa poche centinaia di Euro e può contenere parecchie migliaia di titoli. Una Biblioteca Pubblica che tenesse tutto quello che può in questo formato occuperebbe molto meno spazio e costerebbe molto di meno perché potrebbe:

  • mantenere tutti quei titoli sempre a disposizione di chiunque via Internet
  • fare prestiti di lettori di e-book o anche di copie cartacee stampate in loco se e quando qualcuno le chiede, per far leggere titoli in formato digitale anche a chi non ha connessione a Internet

Il numero di libri già pubblicati da quando esiste la stampa è molto maggiore di quelli nuovi che escono ogni anno. Allora perché si parla solo di libri elettronici nuovi e mai o quasi mai di convertire quelli che già esistono, o di usare soltanto (almeno quando pagano i contribuenti) versioni elettroniche di quelli non più acquistabili nuovi?

Uno dei motivi più importanti è che quei libri non si possono legalmente usare come ho spiegato senza averne il permesso, perché sono ancora sotto copyright. Anche se sono stati pubblicati 64 anni fa da un autore morto 24 anni fa: l’attuale durata del copyright è ridicolmente lunga, più o meno 70 anni dalla morte dell’autore. Questo è il problema. Compensare gli autori è giusto e importante, ma qui abbiamo qualcos’altro.

Primo Levi ha scritto qualcosa che va letto anche dopo decenni, ma oggi non è certo lui che ci guadagna se quel libro non è ancora di pubblico dominio. E lo stesso vale per centinaia di migliaia di titoli, in tutto il mondo. Se le Biblioteche Pubbliche costano più di quanto potrebbero e sono costrette a dare in prestito libri ammuffiti in quantità ridotte, è anche perché per passare a versioni elettroniche si dovrebbero chiedere permessi e pagare dazi a persone che con quei titoli non c’entrano nulla. Persone che non li hanno scritti, corretti, impaginati, stampati o aiutati a venire alla luce in nessun altro modo. Ne vale la pena?