Linux e disabili, un rapporto ancora difficile?

Una decina d’anni fa si spingeva molto sul fatto che OpenDocument, Linux e in generale software libero e standard aperti lederebbero i diritti dei disabili.

All’epoca intervistai, proprio su questo argomento, Paolo Pietrosanti, che purtroppo da qualche anno non è più fra noi, e Fabrizio Marini. Nel 2006 Fabrizio mi disse che secondo lui:

There are many projects, but all seem started with ambitious goals and then stopped more or less half way before being really usable. In my opinion, if more developers focused on only one product, or at least less of them, things would go better.

Ovvero: “ci sono tanti progetti, ma tutti sembrano nati con obiettivi ambiziosi, e poi interrotti più o meno a metà strada prima di diventare realmente utilizzabili. Secondo me, se più sviluppatori si concentrassero su un solo prodotto, o almeno solo su alcuni di loro, le cose andrebbero meglio”.

Qualche settimana fa ho pensato di contattare Fabrizio per sapere se e come le cose erano cambiate. Fabrizio mi ha permesso di pubblicare la sua risposta integrale qui sotto, e seguirà gli eventuali commenti a questo post, nel caso qualcuno volesse contattarlo. Scrive Fabrizio:

Sto per darti un dolore… Linux purtroppo l’ho mollato. La mia necessità di utilizzarlo, come ricorderai, era legata ad esigenze di studio, che ora sono fortunatamente cessate. Leggo ancora qualche articolo per tenermi aggiornato sugli sviluppi di quel sistema operativo in tema di accessibilità, ma direi che, fino ad ora, Windows e Mac OS lo hanno sempre surclassato nettamente. Il motivo principale alla base di tutto ciò, a mio parere, sta proprio nel fatto che gli sviluppatori sono, in generale, volontari.

Un esempio classico ce lo fornisce proprio Ubuntu. Lì, solitamente, ogni aggiornamento critico introduce bug relativi all’accessibilità, dopodiché bisogna aspettare che lo sviluppatore esperto in questo (solo uno) abbia tempo di correggerli. Se uno usa il computer per divertirsi va anche bene, ma se uno ci deve studiare o lavorare una simile scelta è, purtroppo, inaccettabile. Un vero peccato, perché il principio alla base di Linux è nobilissimo e da me pienamente condiviso.

Commento di Marco: in generale, sui temi di fondo rimango della stessa opinione che avevo nel 2006, e Linux di passi avanti da allora ne ha fatti. Mi pare però evidente che tali progressi o non sono ancora sufficienti o, come minimo, non sono ancora comunicati e resi accessibili adeguatamente a chi dovrebbe fruirne. Voi che ne pensate?