A Varese Ligure il mondo ha nuovamente un ordine. ed è verde (parte 2)
Questa è seconda parte di un articolo di Andreas Weber, tradotto da Francesca Michelini. Viene pubblicata qui, ovviamente con il loro permesso, perché quanto scrive Andreas coincide con altri temi trattati su questo sito, vedi ad esempio “Scappare dalla città fa sempre bene?” e “È facile o no scappare dalla città per vivere in campagna?”. Le altre due parti sono qui:
Avevamo scelto Varese Ligure per il nostro esperimento perché questa cittadina era riuscita, senza tanto clamore, a fare quello che la nostra società industriale disperatamente cerca di fare oggi: di diventare moderna ma allo stesso tempo di rimanere fuori moda, di riuscire a conciliare prosperità economica, natura intatta e istanze sociali. Durante gli anni Novanta la città, situata in fondo alla valle del Vara, aveva sofferto un’amara povertà, pur distando appena trenta chilometri dall’attivissima località di villeggiatura delle Cinque Terre. Sulle cime dei monti, che ancora in maggio possono luccicare per l’ultima spruzzata di neve, i contadini coltivavano i loro appezzamenti a terrazza, come nel Diciannovesimo secolo. Ancora oggi si può vedere come i vecchi mietano con fatica un paio di metri quadrati per spargere l’erba nelle stalle alle loro vacche.
Questi monti sono l’anti-Italia. La maggior parte dei vacanzieri rimangono sorpresi alla loro vista. Perché non immaginano che “la terra dove fioriscono i limoni” possa essere una montagna frastagliata. Una terra spesso inospitale, da cui i giovani ben presto si dileguano, ancora oggi come allora. A Varese, che con le sue venticinque frazioni disseminate qua e là e in parte abbandonate, è grande come il centro di Milano, c’è un solo bambino ogni quindici anziani. Oggi vivono qui appena duemilacinquecento persone, mentre fino a cinquant’anni fa erano ancora seimila.
In inverno le montagne scoscese sembrano così vuote e distanti come le Rocky Mountains. Ma ora che finalmente l’estate è arrivata il verde dei boschi di castagno e di querce germoglia molto più velocemente di quanto io stesso non riesca a percepire, e ogni notte i prati crescono di circa un palmo di mano. Nel sole del mattino i terrazzamenti sono ricurvi, e da essi si protendono fuori la polmonaria, la silene, la crotonella, la salvia. Quasi non riuscivo a dormire, per timore di perdermi questa gioiosa festa della natura.
L’uomo che per primo ha riconosciuto i vantaggi della posizione di questo borgo è stato il sindaco Maurizio Caranza. Negli anni Novanta, ha riconvertito ciò che allora era considerato arretrato in un unicum: il fatto che qui il novantacinque per cento dei contadini avevano, per quanto in condizioni di estrema povertà, comunque continuato ad essere occupati.
Caranza comprese che era la natura a costituire il trionfo di questa cittadina. Che il rispetto dell’originario e della tradizione avrebbero reso la comunità vivente. E Caranza riuscì a convincerne gli abitanti. Insieme iniziarono a smantellare molti abusi edilizi, e a rivivificare il passato di Varese Ligure, l’incantevole centro storico medievale, centro di commercio ai piedi del passo Cento Croci, che era stato per centinaia di anni il più importante luogo di transito tra la costa ed la zona del Po’.
Pavimentarono le strade della città con l’ardesia lavorata a mano, tolsero di mezzo la stazione di servizio posta proprio al centro della cittadina. Ridipinsero i muri storti con tinte pastello: arancione, ocra, rosa antico, giallo. Fondarono un eco-caseificio e una cooperativa di latte biologico Costruirono un impianto di depurazione e un centro per la raccolta differenziata. Caranza, che è mancato non molto tempo fa, è riuscito ad ottenere, per ogni euro investito, altri quattro euro dai fondi europei per lo sviluppo delle regioni, e a ridare così a Varese l’identità perduta: una Civitas in miniatura in mezzo ad un paesaggio stupefacente.
Oggi l’economia ecologica è diventata la chiave del successo. Il caseificio rifornisce catene di negozi con lo yogurt della Valle del biologico". Su, al passo Cento Croci battuto dal vento, lavorano quattro mulini a vento, che presto saranno otto. Le sovvenzioni per l’energia alternativa incrementano le casse comuni. Sino ad oggi le turbine non hanno disturbato il paesaggio, perché sono state intelligentemente nascoste tra le cupole.
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