Articoli incostituzionali nella legge piemontese sul software libero

(importante: non sono un avvocato, quindi non prendete come oro colato quanto segue, anche se i fatti di base sono indiscutibili, e segnalatemi per favore qualsiasi errore, grazie).

Il 26 marzo 2009 la Regione Piemonte ha promulgato una legge regionale (9/2009) in materia di “pluralismo informatico, adozione e diffusione del software libero, portabilità dei documenti informatici nella Pubblica Amministrazione”. I motivi per cui software libero e formati informatici aperti, quindi “portabili” sono essenziali per i cittadini, anche se il concetto fatica parecchio a farsi strada, li abbiamo già spiegati su Stop, quindi non ne riparleremo ora.

La notizia del giorno è che il 22 marzo 2010 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali due punti di quella legge. Il primo è l’articolo 1, comma 3:

_Alla cessione di software libero non si applicano le disposizioni di cui all' articolo 171-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), come sostituito dall' articolo 13 della legge 18 agosto 2000, n. 248 (Nuove norme di tutela del diritto d'autore)._

perché viola la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento penale, sancita dall'articolo 117, comma l, della Costituzione, proprio perché dice che un articolo di una legge statale (e quindi le norme penali in esso contenute) non va più applicato.

Aggiornamenti, 29 e 30 marzo 2010: secondo Punto Informatico del 29 marzo questo primo punto della sentenza significherebbe che “l’open source viene riconosciuto come diritto costituzionale”. In realtà dal titolo e dal contenuto di quel particolare articolo si capisce ben poco di cosa voglia dire l’articolo stesso e di cosa ci sia da festeggiare. Il motivo è che il titolo (comunque discutibile) parla di tutt’altra cosa rispetto al contenuto dell’articolo. La cosa diventa molto più chiara leggendo il comunicato stampa dell’Associazione italiana per il software libero: in estrema sintesi, mentre i problemi di fondo spiegati in questa pagina rimangono, la Consulta ha anche deciso che preferire esplicitamente il software libero non viola le leggi sulla concorrenza, perchè la libertà del software è una caratteristica giuridica generale e non una caratteristica tecnologica legata a uno specifico prodotto o marchio.

La seconda parte della legge regionale che non è stata accettata dalla Consulta è l’articolo 3 (Diritto allo sviluppo portabile):

_1. Chiunque ha il diritto di sviluppare, pubblicare e utilizzare un software originale compatibile con gli standard di comunicazione e formati di salvataggio di un altro software, anche proprietario._

Perché? Perchè, in sintesi, l’estensione di tale diritto al software proprietario realizza una deroga ad altri articoli delle leggi sul diritto d’autore (dettagli qui) e quindi viola la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, sancita anch’essa dall'articolo 117, comma l, della Costituzione.

E adesso?

Il resto della legge rimane in vigore, anche se la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva chiesto di dichiararla incostituzionale in blocco per via di queste e altre violazioni. È presto per parlare e io non sono un avvocato, ma mi sembra probabile che questa sentenza non potrà non avere conseguenze, magari anche sulle altre leggi regionali italiane su software libero e formati aperti. Il motivo per cui lo dico non è la sentenza in sè, quanto il fatto che… era stata largamente anticipata il 13 giugno 2009 a Bologna, alla Conferenza 2009 sul Software Libero. Ecco la mia sintesi, fatta quel giorno, di quanto Ernesto Belisario ha detto quel giorno a proposito, guarda un po', di “profili problematici nelle Leggi regionali in materia di Software Libero”:

  • Qual è l’interesse di una PA? Promuovere valori? Essere una norma etica? Oppure risparmiare soldi, produrre efficienza…

  • Norme di principio (almeno in ambito regionale) sono inutili, di scarso impatto pratico. La norma deve dire chi deve fare cosa e quali sono le sanzioni.

  • Siamo sicuri che le Regioni abbiano competenza in materia? Vedi articolo 117 della Costituzione.

  • Le norme sul software libero impattano su:

    • concorrenza

    • appalti

    • diritto d’autore

    • coordinamento informatico

  • i primi due temi sono campi di competenza statale, non regionale.

  • il terzo attaccherebbe il diritto d’autore, almeno quando dice che al software libero non si applica legge sul diritto d’autore

  • Sono impugnabili presso la Corte Costituzionale???

  • Il verdetto sulla legge del Piemonte costituirà un precedente

Capite ora qual è il vero problema, considerando anche i limiti di certe proposte nazionali sugli stessi argomenti? La sentenza del 22 marzo potrebbe essere solo la prima conferma che diverse leggi, già scritte con le migliori intenzioni, hanno i piedi d’argilla. Sarà interessante sentire cosa dirà il nuovo Consiglio Regionale del Piemonte, visto che fra gli eletti dovrebbe esserci almeno qualcuno dei 31 candidati piemontesi che si erano impegnati a sostenere il Software Libero in caso di elezione. Anche le altre regioni, comunque, dovranno ripensare seriamente a questi argomenti.

Importante: se dal testo della legge regionale provate a seguire rintracciare i testi delle leggi dichiarate non applicabili nell’articolo 1, comma 3, probabilmente otterrete un errore del server. Il motivo è che quei link puntano al portale Norma in Rete, quello che lo Stato Italiano ha appena deciso di chiudere, ma senza riuscire a farlo in maniera pulita…