Formati dei file, alfabeti e soldi pubblici: lo sapevate che...

I formati dei file sono le regole che stabiliscono il significato di tutte le sequenze dei bit che si trovano all’interno di un file. Se il formato di un file non è aperto, ovvero completamente conosciuto e utilizzabile da tutti senza chiedere permessi o pagare autorizzazioni, quel file è sicuramente leggibile soltanto

con pochi programmi (quindi gli autori di quei programmi possono chiedere il prezzo che vogliono, soprattutto se i cittadini vengono incoraggiati fin dalle scuole pubbliche ad abituarsi a quegli stessi programmi) e soltanto finchè quei programmi esistono.

Quando parliamo di documenti digitali, i formati dei file sono come alfabeti e i programmi software che creano quei file sono come penne. Finchè l’alfabeto è aperto, nel senso appena spiegato, non fa nulla se qualcuno vi scrive una lettera con una penna d’oro massiccio su pergamena fabbricata a mano: potrete leggere la lettera e rispondere a chi ve l’ha spedita anche se non avete i soldi per comprare la stessa penna o la stessa carta. Anche con i documenti digitali dovrebbe essere sempre così.

Anche se non ne sapete nulla d’informatica, pensate per un secondo a quanto aziende e Pubbliche Amministrazioni (PA) dipendono dai computer e capirete subito quanto è importante che almeno in quegli ambiti si usino soltanto formati di file aperti. Se così non fosse, enti pubblici e piccole imprese dovrebbero spendere molto più del necessario anche soltanto per aprire e leggere i file che devono usare per lavorare (voi paghereste una tassa solo per poter aprire una busta e prendere la lettera che c’è dentro?). Peggio ancora, fra 10 o 20 anni potrebbero ritrovarsi con file che non riescono più a leggere, e poichè stiamo parlando anche di enti pubblici, potrebbe rimetterci chiunque. Voi sareste contenti se fra quei file che potrebbero diventare illeggibili fra pochi decenni ci fossero documenti relativi alla vostra pensione o al vostro mutuo?

Se volete saperne di più sui danni e sprechi che possono derivare dall’uso di formati non aperti, potete leggere questa presentazione o questo commento a una proposta di legge sull’argomento, e continuare a seguire Stop!/Zona-M, perchè senz’altro ne riparleremo. Però non dimenticate mai che l’uso dei formati aperti, almeno nelle PA, è un diritto e una necessità di ogni cittadino! Ignorare il problema perchè “tanto il software lo posso piratare” significa fregarsi con le proprie mani, visto che le PA devono pagare con le nostre tasse centinaia di milioni di euro l’anno per quegli stessi programmi e che quando un programma sparisce i documenti con esso creati diventano illeggibili comunque, se non sono in formati aperti.

In Italia l’importanza dei formati aperti è riconosciuta dal Codice dell’Amministrazione Digitale del 2005 che dice (art. 68, commi 2, 3 e 4):

  1. Le PA… adottano soluzioni informatiche… che consentano la rappresentazione dei dati e documenti in più formati, di cui almeno uno di tipo aperto, salvo che ricorrano peculiari ed eccezionali esigenze.
  2. Per formato dei dati di tipo aperto si intende un formato dati reso pubblico e documentato esaustivamente.
  3. Il CNIPA istruisce ed aggiorna, con periodicità almeno annuale, un repertorio dei formati aperti utilizzabili nelle PA…

e qui viene il bello: cinque anni dopo quella legge, il suddetto repertorio dei formati aperti del CNIPA, che potete scaricare tutti dalla pagina CNIPA sui formati aperti ancora non contiene i formati .doc, .xls e .ppt di Microsoft Office. Giustamente, e per fortuna. Il fatto che siano, come si dice in gergo, “standard di fatto”, cioè che programmi che usano tutti, non significa affatto che i problemi con quei formati non esistano.

Programmi come OpenOffice, che sono gratuiti e adattissimi anche ai bambini fanno un ottimo lavoro, ma non possono e non potranno mai raggiungere la compatibilità completa con i formati di Microsoft Office, per il semplice motivo che riuscirci significherebbe aver indovinato fino all’ultimo dettaglio regole segrete o impossibili da rispettare con altri programmi, che comunque possono cambiare da un giorno all’altro vanificando mesi o anni di lavoro. In moltissimi casi la compatibilità sarà perfetta, ma mai in tutti, è impossibile (un esempio importante si trova a pagina 23 della presentazione già citata). La PA dovrebbero passare prima possibile al formato OpenDocument che è davvero aperto, ratificato a livello internazionale e già utilizzabile.

Ma allora, se i formati sono alfabeti, se quelli aperti sono essenziali per evitare sprechi e perdite di informazioni, se la legge ne riconosce l’importanza e se lo stesso Centro Nazionale per l’Informatica nella P.A. riconosce che i formati di Microsoft Office non sono aperti, perchè quei formati vengono ancora tollerati nelle PA? Soprattutto per inerzia, e perchè in molti casi i cittadini stessi non protestano, ma basta iniziare. Se lo fate, fatecelo sapere, e se non sapete come procedere continuate a seguire Stop!/Zona-M.