Acqua pubblica o privata? All'australiana, grazie!

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In questi giorni in Italia si parla parecchio della prossima “privatizzazione dell’acqua”. Per molti è un furto dell’acqua da impedire, e basta. C’è anche una campagna nazionale “Salva l’Acqua”.

Altri sostengono che certe preoccupazioni sono solo allarmismo, se non vere e proprie bufale, perché l’acqua in quanto tale rimane pubblica e arriva solo la possibilità di far gestire le reti di distribuzione anche a privati.

C’è chi fa notare che sprechi enormi ci sono o ci sono stati anche con gestioni pubbliche dell’acqua e chi fa notare che Parigi, dove la gestione era privata, sta facendo dietrofront.

Che fanno in Australia?

Mentre in Italia fervono queste discussioni, in Australia è successa una cosa interessante proprio riguardo all’acqua. Laggiù, almeno adesso, non si stanno affatto chiedendo se è meglio il pubblico o il privato. Però hanno deciso che molti dati relativi alla gestione dell’acqua devono essere automaticamente accessibili a tutti via Internet, con licenze che permettono a tutti di riusarli gratis in qualsiasi modo. Anche, se necessario, per scrivere e vendere un libro in cui provare e denunciare eventuali sprechi o abusi dei gestori.

Quanto serve discutere di pubblico contro privato?

Questo non è un articolo pro o contro la “privatizzazione dell’acqua”. È solo un invito a pensare a qualcosa di cui finora, qui in Italia, mi sembra non si sia parlato affatto. Quanto serve che l’acqua rimanga pubblica se i suoi dati restano privati?

Che differenza c’è fra un gestore pubblico e uno privato se in entrambi i casi i cittadini non sanno prima che sia troppo tardi come vanno le cose? Perché non parliamo di come sapere gratis, in tempo reale, via Internet, i valori aggiornati di dati come:

  • quanta acqua esce da ogni sorgente e quanta ne arriva in ogni quartiere, cioè quanto si spreca e dove
  • quando e dove si verifica un guasto e quanto tempo ci vuole in media per risolverlo
  • quanto costano ogni singolo servizio o attività del gestore e perché,
  • quanti dipendenti ha, con quali contratti, quanti straordinari sono “incoraggiati” a fare oppure a quanti giorni di ferie “rinunciano volontariamente”
  • tutti i costi e particolari di ogni subappalto in corso
  • quale funzionario o amministratore locale ha autorizzato certe spese

Senza informazioni complete non possiamo controllare veramente la gestione dell’acqua. Finchè le informazioni rimangono, di fatto, privatissime anche se con Internet costerebbe pochissimo pubblicarle, che certi servizi siano pubblici o no conta poco.

Certo, conoscere i dati non basta per far funzionare le cose. Però se tutti potessero scaricarsi ogni giorno senza perdere tempo certi numeri, sarebbe molto più facile capire quali politici non vanno più votati perché hanno affidato l’acqua a chi (pubblico o privato non fa differenza) evidentemente non sa gestirla. Anche poter correlare quei numeri con altri sarebbe utilissimo: non farebbe comodo, prima di comprare una casa, sapere quante volte l’acqua è mancata in quella strada o quanta ne arriva in media?

Come dicevo, questo non è un articolo pro o contro la “privatizzazione dell’acqua”. È solo un promemoria che, se approfittassimo nel modo giusto delle nuove tecnologie invece di ignorarle o giocarci, problemi come “è meglio il pubblico o il privato” potrebbero darci molte meno preoccupazioni.

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