Aniene e biomasse vs blogger: chi supererebbe i filtri di Internet?
La settimana scorsa il Parlamento Europeo ha votato per non approvare, senza ulteriori discussioni, una riforma assai discutibile del diritto d’autore. Due giorni dopo, ho scoperto un esempio di come potrebbe essere complicato applicarla.
L’esempio in questione è un progetto del 2012, per utilizzare biomasse legnose nella Valle dell’Aniene, di cui oggi sembrano perse le tracce. La storia di Aniene Green Net mi pare interessante anche per ragionare sull’articolo 13 di quella famosa riforma europea del copyright: quello a proposito dei filtri obbligatori, che dovrebbero rilevare automaticamente (e bloccare=censurare preventivamente, perché non si capisce come altro potrebbero funzionare in pratica) qualsiasi copia non autorizzata di contenuti protetti dal diritto d’autore.
Uno delle pagine che criticano il progetto Aniene Green Net è intolata “Valle dell’Aniene e biomasse, le solite biochiacchiere”. Che siano chiacchiere o no, non lo so e non ha importanza: qui e ora quel post è interessante solo come caso di studio per l’applicazione dell’articolo 13, per i motivi visibili in questa figura:
A quanto si capisce a luglio 2018, il post a sinistra è una copia integrale, fatta il 5 dicembre 2013 sulla piattaforma Blogspot, di un testo pubblicato il giorno prima su un’altra piattaforma, cioè WordPress.com. Ma in un blog che il suo proprietario ha “contrassegnato come privato”, cioè leggibile solo con l’autorizzazione del proprietario stesso.
Chi rimane online con l’articolo 13? Chi DOVREBBE rimanerci?
Internet è strapiena di siti e pagine:
- come quello a destra, che sono gli unici posti dove emergono informazioni, commenti e soprattutto dissenso (fondato o no è irrilevante ora) rispetto alle cronache ufficiali
- e come quella a sinistra, che magari a loro insaputa (perché il sito originario potrebbe essere diventato “privato” magari anni dopo la copia) diventano gli unici custodi di quegli stessi contenuti di pubblica utilità
Con l’articolo 13 forse il post nel sito a sinistra non sarebbe mai apparso. Ma ammettiamo (perché cinque anni dopo non possiamo escluderlo, senza rintracciare, ammesso che sia possibile, gli interessati) che all’epoca il proprietario del sito a destra avesse dato formale consenso a copiare i suoi articoli. E che abbia deciso di rendere il sito privato anni dopo. Che si dovrebbe fare oggi? Cancellare d’imperio le copie su altre piattaforme, anche se all’epoca non avevano violato alcuna regola? Chi decide chi ha ragione? Dei filtri automatici? Con che criteri? (senza contare che se il sito a sinistra non fosse su una “piattaforma”, ma su server indipendente, magari all’estero, forse la norma non sarebbe nemmeno applicabile).
Sì, non c’è dubbio che in moltissimi casi il “dissenso” non è altro che bufale o zizzania seminata ad arte. Ma i comportamenti che tutte le “piattaforme” (e solo loro, non i siti indipendenti, giusto?) dovrebbero adottare per adeguarsi l’articolo 13 anche nei milioni o miliardi di casi come quello presentato qui mi sembrano un po' troppo simili al famigerato “uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”: qualcosa da non ripetere, sia per principio, che come efficacia, rapporto fra sforzo e risultati positivi ottenuti.
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