Viticultori e domini Web del vino: poche idee ma ben confuse?

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Lo scorso aprile è arrivato online il grido di dolore e d’allarme dei viticultori italiani perché “Vendono il nostro futuro”: in breve, è la preoccupazione per il possibile passaggio di nomi di dominio Internet come chianti.wine in mano ad asiatici, dal momento che…

“ormai una buona fetta del fatturato dell’industria vinicola italiana si sviluppa online… anche vendite via web ai grandi importatori”. Visto che tre giorni dopo quell’articolo c’è stato un rinvio di quella decisione abbiamo ancora tempo di ragionarci un po' e chiedere “ma dite sul serio”?

Se vogliamo farne una questione di principio, capisco e appoggio. Ma cari viticultori italiani, siete realmente preoccupati di perdere, se i cinesi o chi per loro si comprano .wine, vendite via Web o altri canali a grandi importatori (cioè a professionisti che devono sapere quello che comprano, mica al primo imbecille che ha visto un banner su Facebook)? Pensate davvero che un grossista che VOLESSE rivendere vino italiano lo andrebbe a comprare su www.chianti.wine solo perché ha quel nome, pur essendo intestato a un prestanome di, poniamo, Shangai? Avete forse bevuto?

Questo per quanto riguarda i grossisti. Passiamo ai singoli, cioè al generico Bill o Miguel che, dal Texas o dalla Nuova Zelanda, decida di comprarsi il vino su Internet. Lo dite voi stessi nell’articolo che “negli Usa ci sono tanti esempi di case produttrici che riportano la denominazione Chianti ma non sono toscane. E chi non ha mai assaggiato un vero vino italiano, non comprende la differenza con la copia”.

Appunto. Stiamo parlando degli stessi tipi che già oggi, senza ALCUN nome di dominio fuorviante, comprano allegramente qualsiasi similcacio con etichetta “parmezano regianno”, oppure la “borsa di Fendi” a 5 Euro per strada, che pure un cerebroleso capirebbe che è falsa o rubata. Tutta gente che o non apprezzerebbe il buon vino nemmeno a regalarglielo oppure, sempre più frequentemente, non ha i soldi per comprarsi il prodotto di qualità e quindi cerca qualsiasi alternativa costi poco, qualunque nome abbia. Sai che gliene frega del nome di dominio?

In conclusione, ripeto: se vogliamo farne una questione di principio, o una misura puramente educativa capisco e appoggio, a patto di chiamarla così. Ma recuperare o evitare col controllo dei nomi di dominio “miliardi di perdite” pare tanto fondato e credibile quanto le proposte contro la “pirateria” audiovisiva, quelle basate sul “concetto” che se un ragazzino che scarica 10 film a settimana ce li ha, i soldi per 10 biglietti del cinema a settimana.

Per vendere di più online potrebbero aiutare cose come siti Web migliori e/o conoscenza dell’inglese. Ma se è un dominio che vi mette al tappeto è solo eutanasia, stavate già alla frutta. Speriamo non succeda.

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