Quante propagande commerciali si fanno a scuola?

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Lo scorso gennaio alcuni genitori della scuola elementare Iqbal Masih di Roma (*) hanno detto no alla proposta di trasformare quella dei loro figli in “una Cl@sse 2.0 tutta tablet e tecnologia”, ritenendo che “troppa didattica digitale può essere dannosa”.

Le motivazioni complete e le relative obiezioni le trovate sul Corriere. Io ho solo un paio di commenti sulle ultime righe di quell’articolo:

Il timore [dei genitori, NdR] è che si voglia accelerare, per pura propaganda commerciale, un cambiamento non abbastanza ponderato, ma [avverte la preside] altri sono i rischi: forse fuori dalla scuola i ragazzini le tecnologie le usano anche troppo e magari nel modo sbagliato. Educarli a un utilizzo consapevole, insegnargli a utilizzare Word, Excel o Power Point, o come ci si difende da intrusione della privacy sarebbe una battaglia più importante di questo confronto di retroguardia".

Prima di tutto, la “propaganda commerciale” 2.0 nella scuola pubblica sta già avvenendo ben al di sopra di questo progetto, da anni e con l’aiuto di grandi giornali. L’ho già spiegato qui pochi giorni fa. A parte questo, “insegnargli a utilizzare Word, Excel o Power Point” fra le priorità mi preoccupa parecchio. Se accelerare l’uso dei tablet a scuola è “pura propaganda commerciale” (e in certi casi è sicuramente così, mica lo nego!), continuare a far vedere agli studenti solo UNA (la più chiusa e costosa) delle alternative possibili per la “produttività”, o anche solo a parlare in pubblico come se fosse l’unica esistente, cos’è? (anche quando certamente è fatto, come in questo caso, senza alcuno scopo di lucro)

(*) E se non sapete chi era Iqbal Masih, rimediate subito perché non c’entra niente con tablet e simili, ma dovreste conoscerlo!

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