"tutto il resto è dato". Vero, ma...

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Ho appena letto #opendata non è un hashtag ma una licenza d’uso: tutto il resto è dato. Su diverse cose sono d’accordo, su altre, almeno nella forma in cui appaiono in quella pagina, credo utile condividere qualche osservazione (non all’autore, in generale).

open data invece ha una valenza più tecnica, che coinvolge le licenze, le strutture informatiche, le ontologie…

Vero se si guarda ai punti d’arrivo, basta che non diventi una scusa per non pubblicare subito quello che è già disponibile. Anche se non è a 5 stelle, machine readable, linked eccetera. Come dice il titolo stesso di quella pagina, Open Data è soprattutto una questione di licenza. Su questo ho già scritto rispondendo a chi segnala che per gli Open Data mancherebbero i requisiti".

come fa il Mercato a richiede materie prime che non sono sfruttate o che non è ancora chiara l’applicazione?

questo è un magnifico pretesto per riproporre una mia proposta su come creare questa domanda, cioè far usare gli Open Data nella scuola. Quindi scusatemi, ma ne approfitto senza ritegno, eccovela qui.

Passando alle azioni, non capisco che c’entrino in un discorso sui dati aperti quelle da 2 a 4 su sviluppo aperto e condiviso, nonchè riuso, del software nelle PA. Per quanto mi riguarda, più si usa, sviluppa e riusa software aperto nelle PA e più sono contento, avendo appena raccontato quanto poco questo si faccia oggi in Italia, e quali problemi crea.

Ma le azioni 2/3/4 di quella lista sono buone e necessarie (o il contrario, per alcuni) indipendentemente dal fatto che i dati aperti sono buoni e necessari. Posso pubblicare dati con la licenza giusta, in formati machine readable completamente aperti, anche usando solo software proprietario. E allora, perché far confusione (visto che molti destinatari di questi messaggi non hanno ancora, senza offesa, una preparazione adeguata) e offrire spunti al “nemico”? Personalmente, cerco sempre di tenere i due discorsi separati, se non altro per efficienza e semplicità, anche se promuovo sia il software che i dati aperti nelle PA.

Per le stesse ragioni, non sono affatto d’accordo con l’azione 5:

i software proprietari devono disporre di una versione gratuita open per permettere la lettura e l’interoperabilità con i dati gestiti

quello che deve essere 100% gratuito e open è il formato dei dati. Se poi è lo è anche il software benissimo, ma il contrario è pericoloso. Finché continueremo a chiedere versioni gratuite del software senza pretendere prima che i formati siano gratis e aperti ci fregheremo da soli. Se un fabbricante di penne in oro massiccio è riuscito a farle comprare alle PA, non devo chiedere una versione gratuita open di quelle penne per comunicare con la PA o leggere quello che ci ha scritto. Perché è gratuito e open l’alfabeto.

Sulle altre azioni non mi pronuncio o perché le condivido o perché ancora non ho un’opinione definita. Chiudo con una nota sul “dare evidenza a tutti quei dipendenti pubblici che a vario titolo e con reponsabilità partecipano (già ora) a progetti di open knowledge”. Mi pare lo stesso discorso degli insegnanti, quando si parla di premiare in qualche modo quelli bravi. In entrambi i casi, mi trovo a chiedermi sempre più spesso se l’unica maniera concreta rimasta per “mettere in evidenza” questi eroi (non è una presa in giro!) non sia il levargli di torno tutti quei colleghi che ancora non fanno nemmeno il minimo sindacale.

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