Open Data: dove sono gli ospedali italiani? Parte 2

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Oggi in Italia c’è chi spreca un sacco di tempo o soldi per avere informazioni che dovrebbero essere facilmente e gratuitamente scaricabili da Internet. L’ultimo esempio che ho trovato è quello degli indirizzi degli Ospedali Pubblici Italiani. Nel pubblicare online un elenco ufficiale, completo, aggiornato e riutilizzabile automaticamente di quegli indirizzi non c’è nessun problema di privacy e non ci sono introiti da perdere per le Pubbliche Amministrazioni, cioè per i cittadini. Nemmeno teorici, perché è assurdo pensare che quell’associazione abbia i soldi per qualcosa del genere, o che dovrebbe spenderli in quel modo.

Come potete leggere nella prima parte, qui si tratta di dati che oggi, pare, non vengono venduti, visto che non trovo alcun link del tipo “per comprare l’elenco ufficiale completo cliccate qui”. Ma se lo fossero, cioè se iniziare a regalarli fosse una perdita quantificabile, perché non se ne dichiara il prezzo pubblicamente, e perché non vengono venduti a tutti?

Si tratta di dati che è interesse di tutti, a partire dallo stesso Ministero della Salute, rendere più facili possibili da trovare e usare. Ma questo significa metterli su Internet in un solo file, in formato grezzo e con la licenza giusta, perché si risparmia tempo solo se (vedi il caso dell’associazione) ognuno può combinarne automaticamente l’ultima versione con altri dati che interessano solo a lui. Senza contare il fatto che sarebbe ridicolo tenere occupato un impiegato solo a ricevere e smaltire richieste di un file del genere.

Si tratta di dati che devono dare garanzie di essere validi, completi e aggiornati, quindi è dovere del Ministero fornirli. Anche perché…

Si tratta di dati che già esistono. Mi rifiuto di credere che al Ministero della Salute non abbiano già una sola tabella con indirizzi, numeri di telefono eccetera, visto che sicuramente gli serve anche per loro ragioni internet. E se non ce l’hanno, rifiuto comunque di accettarlo, sarebbe indecente.

Ecco perché aprire i dati pubblici

Storie come questa sono una dimostrazione perfetta del perché tanti dati pubblici vanno aperti prima possibile, nel modo giusto.

Cercare di valutare se conviene venderli o regalarli con approcci tradizionali alla “business case” serve a poco o niente. Ammesso che sia giusto far pagare per un elenco ufficiale di indirizzi di Ospedali Pubblici, è assurdo pensare che tutti quelli che potrebbero averne bisogno potrebbero pagare. Ed è ancora più assurdo pensare di sapere quanti sono, cioè fare stime di “mercato”: molti dirigenti del Ministero non sanno nemmeno che quell’associazione esiste e che uno dei suoi requisiti interni è conoscere l’Ospedale più vicino a ogni località da visitare, o quante altre associazioni e aziende del genere ci sono in Italia.

Se quei dati non sono in vendita, tanto vale metterli anche online subito, per i motivi che ho già spiegato. Se sono in vendita (ma perché?) allora “regalarli” probabilmente farà perdere al governo centrale i soldi ottenuti da quel sito privato. Però, allo stesso tempo:

  • quel volontario passerà domeniche e serate a casa a cercare e copiare indirizzi a mano, anzichè uscire a spendere qualche Euro sul territorio, che ne avrebbe tanto bisogno

  • i gruppi della sua associazione preferiranno andare a spendere i loro soldi in aree per cui hanno dati completi, anche se non sono le migliori

  • qualsiasi altra organizzazione che ha bisogno di quell’elenco (a partire da altri Enti Pubblici pagati dai cittadini, magari con budget molto più ridotti del Ministero della Sanità) dovrà trovare i soldi per comprarlo. Insomma, alla fine della fiera, dov’è il guadagno?

Aprire i dati fa risparmiare tempo, soldi e rotture di scatole a tutti i cittadini (inclusi parecchi impiegati e dirigenti pubblici. Anche perché di storie come quella raccontata nella prima parte ce ne sono sicuramente tantissime altre, in Italia, in tutti i campi. Se credete, segnalatemele nei commenti o via email, grazie.

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