Dati pubblici, un grosso impegno organizzativo e culturale per le PA e per i loro dipendenti
questa pagina è la parte conclusiva di questo articolo
Necessità di interagire regolarmente con i cittadini che vogliono usare e migliorare i dati
I consigli già presentati sono necessari per rispondere adeguatamente alle sfide presentate a inizio articolo, ma non sufficienti. È necessario anche stabilire e mantenere rapporti con i cittadini, al fine di migliorare insieme a loro i dati e i servizi pubblici ad essi collegati.
Parallelamente, va misurato regolarmente (pubblicando sempre i risultati) l’uso effettivo dei dati, da quanto vengono scaricati a come vengono utilizzati per servizi di pubblica utilità o per creare posti di lavoro. Queste due ultime misure sono più importanti di quanto si creda, poichè hanno, almeno in potenza, un effetto molto rilevante.
Una delle resistenze all’apertura dei dati pubblici è che, portando alla luce del sole inefficienze e disservizi nelle PA, potrebbero aumentare il distacco e l’ostilità dei cittadini verso le istituzioni. In realtà, mentre questo rischio è innegabile, è altrettanto possibile l’effetto contrario, almeno dopo una prima fase di assestamento.
Aprire i dati può essere un mezzo efficacissimo per far “toccare con mano” ai cittadini quanto e come si lavora davvero e tutto quello che va bene in una PA, minimizzando, al minor costo possibile, la disinformazione e ottenendo l’appoggio dei cittadini stessi! Per questo è importante entrare in un dialogo costante sulla qualità dei dati e analizzare, pubblicamente, come vengono usati. A questo scopo è utilissimo anche promuovere gare di programmazione, per creare software con cui sfruttare i dati pubblicati online.
Dovere di certificare integrità e qualità dei dati grezzi originali
Aprire i dati pubblici significa mettere singoli cittadini, imprese private e associazioni di volontariato in grado di usarli per creare e gestire da soli i servizi che fino a quel momento erano riservati, di fatto o di diritto, alle Amministrazioni che producono quei dati e che, prima della loro apertura, erano gli unici a potervi accedere.
Una prima, ancora relativamente oscura conseguenza di questo fatto è che diventerà sempre più necessario per tutti i cittadini avere reali garanzie sull’affidabilità dei dati pubblici che trovano o vedono usati online, e poter sempre sapere quale pubblico ufficiale è responsabile di queste garanzie. In altre parole, nel medio e lungo termine i dati aperti potranno fornire tutti i vantaggi possibili solo se non vi sarà alcuna ambiguità sulla effettiva qualità e origine dei dati grezzi, cioè se ci saranno dati grezzi ufficiali (che potrebbero anche essere stati forniti da cittadini, magari anonimamente, ma poi verificati) e con custodi ufficiali (le Pubbliche Amministrazioni), che operano secondo procedure pubbliche ben definite, in maniera tale da poter ritenere validi quei dati anche in contesti ufficiali, per esempio nei Tribunali.
Questo problema, inevitabile, è complicato dal fatto che, col diffondersi dei dati pubblici aperti, prima o poi i cittadini saranno coinvolti non solo per l’analisi e l’utilizzo di quei dati, almeno in alcuni settori, ma anche nella loro generazione. Tale processo è già alla base, negli Stati Uniti, dei vari servizi di segnalazione guasti basati sul protocollo Open3111. Altri casi di cittadini che già oggi generano direttamente dati pubblici sono descritti nella presentazione “Uso dei Sistemi Informativi Territoriali liberi per aumentare le interazioni dirette e il reciproco supporto fra PA e cittadini”.
Per capire meglio la natura di questo problema si può pensare a una classe di dati pubblici importantissima, quella delle mappe digitali. Tutti gli Stati, Comuni e Regioni hanno le loro mappe digitali ufficiali. A queste si sono affiancate negli ultimi anni, grazie a progetti come OpenStreetMap, mappe create da gruppi di volontari che si coordinano attraverso Internet anche se non si conoscono affatto: come avviene con l’enciclopedia online Wikipedia, chiunque può collegarsi al sito e aggiungere dati a una mappa, oppure correggere errori in quelle già esistenti.
Spesso, soprattutto quando i fondi pubblici sono insufficienti, queste mappe sono molto più complete, accurate e aggiornate di quelle ufficiali e già vengono usate per servizi pubblici di notevole importanza.
A Gaza, per esempio, le mappe di OpenStreetMap vengono utilizzate dai conducenti di ambulanze per arrivare prima sul luogo di un incidente, perché sono le più accurate in circolazione. Baraccopoli e comunità a basso reddito in tutto il mondo sono state già mappate nello stesso modo favorendo individuazione e analisi di discariche abusive, fognature insufficienti e tanti altri problemi.
In casi del genere, queste mappe create da volontari sono utilissime e sono le uniche possibili, ma potrebbero essere sempre sufficienti, soprattutto in Europa?
La risposta è no, e per capirlo basta considerare due casi estremamente semplificati ma non poi così ipotetici: sarebbe ammissibile rifiutarsi, davanti a un giudice, di pagare una tassa su tutti i terreni oltre i diecimila metri quadri perché, “come è evidente da questa mappa digitale che chiunque può modificare” il terreno in questione misura solo 9.899 metri quadri? E sarebbe ammissibile fare causa al Comune per essere caduti in una buca che “come è evidente da questa mappa digitale che chiunque può modificare” si trova in un punto la cui manutenzione è di responsabilità del Comune anzichè di privati o altre Amministrazioni? Ovviamente no.
Oggi il problema di quanto possiamo o dobbiamo avere fiducia nei dati pubblici disponibili online è ancora più teorico che pratico, semplicemente perché la maggior parte di quei dati non sono accessibili al pubblico, e quando lo sono o vengono usati pochissimo, oppure è assai improbabile che siano stati creati o modificati da sconosciuti. In futuro, invece, più i dati pubblici diventeranno aperti più diventerà comune e naturale per le PA collaborare direttamente con i cittadini per generarli e tenerli aggiornati. Inoltre, più quei dati verranno usati più crescerà la tentazione di alterarli per scopi personali.
In scenari del genere il modello di Wikipedia, in cui vandalismo ed errori in buona fede sono prima o poi corretti da volontari, non sarà sufficiente. Diventerà quindi sempre più necessario per tutti i cittadini poter avere, insieme ai dati aperti, reali garanzie, valide anche in Tribunale, sulla loro affidabilità. Da un lato, questo significa che tutte le procedure di pubblicazione online di dati aperti dovranno includere al più presto sia qualche meccanismo di firma digitale sia nome e informazioni di contatto del funzionario pubblico garante della loro origine e qualità. D’altra parte, è facile vedere due conclusioni importanti e strettamente legate fra loro.
Conclusioni: ruolo delle PA in un mondo di dati pubblici aperti
Dall’analisi appena svolta sembra innanzitutto evidente che, anche in un’epoca di dati aperti, il ruolo di Pubbliche Amministrazioni e funzionari pubblici rimarrà cruciale e insostituibile, anche su subirà una trasformazione profonda: da unici creatori, custodi gelosi e utenti esclusivi di dati più o meno segreti, a custodi e garanti, nell’interesse pubblico, degli stessi dati e della loro autenticità, usabilità, qualità e disponibilità a tutti i cittadini.
La seconda conclusione è che, per essere all’altezza di questo nuovo ruolo, dipendenti e dirigenti pubblici avranno bisogno di adeguare e aggiornare la loro preparazione e le loro competenze. Questo compito, inevitabile, sarà da una parte più semplice, dall’altra molto più complicato di quanto potrebbe sembrare a un’analisi frettolosa.
Essere pronti all’inevitabile apertura dei dati pubblici e a saperli gestire adeguatamente è semplice perché non richiede affatto ai dipendenti pubblici di trasformarsi in esperti di informatica; ma è anche difficile perché quasi tutti i cambiamenti e i consigli nelle pagine precedenti sono di natura soprattutto culturale e organizzativa, non informatica. In altre parole il requisito più importante nell’apertura dei dati pubblici non è qualcosa di tecnico, delegabile a pochi specialisti, ma una nuova mentalità in tutti gli addetti ai lavori, e in tutti i cittadini.
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