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Pesaro, Microsoft e OpenOffice: domande e conseguenze per tutti

L’altro giorno ho riassunto i punti più discutibili o incerti dei vagabondaggi informatici del Comune di Pesaro, anticipando “conseguenze e domande, sia per chi li critica che per Pesaro, di cui ancora si è parlato poco o niente”. Sono quelle che, almeno per Pesaro, hanno poco o niente a che fare con il tema iniziale, cioè l’uso di software Open Source nelle Pubbliche Amministrazioni. E quelle, per l’Open Source in quanto tale, sulle strategie più efficaci per proporlo. Partiamo da Pesaro. Contando sul fatto che il suo sindaco Matteo Ricci, essendo anche vicepresidente dell’ANCI, porti i temi che seguono all’attenzione di tutti i comuni Italiani.

Pesaro, Microsoft e OpenOffice: prima rifacciamo il punto...

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Il Comune di Pesaro è al centro di parecchie polemiche perché negli ultimi cinque anni ha cambiato due volte, in maniera radicale, una parte importante della sua infrastruttura informatica. Entrambi quei cambiamenti portano a conseguenze e domande, sia per chi li critica che per Pesaro, di cui ancora si è parlato poco o niente. Per spiegarli, però, bisogna prima ricapitolare cos’è successo.

Open/Libre Office e relativi corsi: servono ancora nelle PA?

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La Provincia di Trento ha appena annunciato, con il volantino che vedete qui a fianco, un piano di migrazione dei suoi uffici a OpenOffice. Prima di tutto voglio ringraziarla, sul serio, per questo passo avanti verso l’indipendenza informatica, più Pubbliche Amministrazioni prenderanno prima possibile la stessa strada meglio sarà. Allo stesso tempo, vorrei sfruttare quel volantino per qualche considerazione assolutamente generale, valida per tutte le PA italiane.

Quante propagande commerciali si fanno a scuola?

Lo scorso gennaio alcuni genitori della scuola elementare Iqbal Masih di Roma (*) hanno detto no alla proposta di trasformare quella dei loro figli in “una Cl@sse 2.0 tutta tablet e tecnologia”, ritenendo che “troppa didattica digitale può essere dannosa”.