I giornali online che si fanno del male da soli, e chi li aiuta

Ormai succede talmente spesso da non essere quasi più nè divertente nè avvilente come dovrebbe, ma quando capita un caso da manuale così perfetto vale la pena di fotografarlo e spiegarlo.

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Ieri un giornale pubblica un articolo. Ancora oggi, sul sito di quel giornale c’è un assaggio: per leggerlo tutto devi o essere abbonato o (forse, non ho provato, vedi sotto) dare comunque in cambio qualcosa di “rivendibile”, cioè registrarti gratuitamente, ma fornendo parecchi dati personali.

Perché non tutti sono capaci di produrre contenuti di qualità e comunque anche a quelle persone farlo costa tempo e fatica (verissimo!), che quindi vanno compensati. Verissimo, però…

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In realtà quell’articolo è già leggibile oggi, gratuitamente e senza alcuna registrazione, in tanti altri siti, come vedete da questa schermata di Google. Io, per esempio, l’ho scoperto da un Tweet che puntava proprio a uno di quegli altri siti. Chi me la fa fare una procedura di registrazione che, privacy a parte, dura DI PIÙ della lettura dell’intero articolo altrove?

Da questo caso si potrebbero imparare, o almeno discutere, un paio di cose. Una è che oggi quasi nessuno sembra capirci effettivamente qualcosa di diritto d’autore e coerenza. A partire da chi proprio dovrebbe saperlo, cioè da:

  • sindacati dei lavoratori della conoscenza, quelli che dovrebbero proteggere i loro iscritti anche da violazioni del copyright e invece (vedi schermata) sono in prima fila nel pubblicare copie integrali. Come fanno SEMPRE, d’altra parte, forse perchè anche perché pure la politica ogni tanto inciampa
  • chi dovrebbe almeno insegnare come stanno le cose oggi, se non altro per cambiarle, cioè chi lavora nel mondo della scuola (un esempio è in fondo alla schermata, ma non è il solo)

L’altra cosa è se e quanto hanno effettivamente ragionato sui paywall quello e gli altri giornali che continua a fare così. Anche perché nemmeno pubblicare solo su carta risolve niente. Sedetevi un’ora sulla riva di Twitter o Facebook, e dopo ditemi quante foto di articoli cartaceei fatte e condivise al volo con lo smartphone avrete visto passare. Se avessero messo tutto online subito, senza condizioni, ora al primo posto di Google (l’unico che molti cliccano) ci sarebbe la LORO pagina, e sarebbe possibile diffondere il link a QUELLA, anzichè quelli dei “copioni”, cioè ci guadagnerebbero di più con i banner. No?