Con questi dirigenti, il software libero non vincerà mai

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Ve lo ricordate “Con questi dirigenti non vinceremo mai!", il famoso anatema di Nanni Moretti contro Rutelli e Fassino, 10 anni fa? A me è tornato in mente l’altra settimana, leggendo l'intervista all’attuale direttore di Debian Stefano Zacchiroli.

La lunga intervista INIZIA così:

In che senso un software può incidere sul nostro grado di libertà?

“Un software è libero quando l’utente ne ha il controllo totale. Che questo software giri su computer, tablet, telefono o televisione, poco importa. Libertà vuol dire poter usare il software senza limitazioni di scopi, poterlo copiare e soprattutto poter guardare come è stato fatto, ossia vederne il codice sorgente, e modificarlo. Ciascun programmatore sa decifrare il codice sorgente, mentre se ha solo il codice binario non può fare granché. Avere a disposizione il codice sorgente significa poter modificare il software e ridare al mondo, come un atto di collaborazione, le nuove modifiche”.

Proviamo a fare qualche esempio attinente alla vita quotidiana…

“Un esempio emblematico è quello del tostapane. Cinquant’anni fa uno “smanettone” era in grado di aggiustare un tostapane rotto…. Oggi, se prendiamo un tostapane su cui gira del software proprietario, non abbiamo più quella libertà.

e procede per altre due schermate. Inutili, perché con un esordio del genere tre quarti dei lettori si saranno stufati e convinti che l’intero argomento è assolutamente irrilevante per loro. Il 99% dell’umanità non sa programmare e non gliene frega niente. Ogni volta che dici “codice sorgente” o “licenza” perdi metà dei lettori. Il software libero serve a tutti, ma come si può ancora pensare di agganciare la maggioranza partendo dal “puoi guardare il codice sorgente?” Quella è una cosa che oggi va detta alla fine. La gente comune usa il software (spesso malvolentieri) per fare qualcosa, non s’inventa cose da fare pur di poter smanettare col software, come invece viene il dubbio che faccia chi parla come Zacchiroli in quell’intervista.

La conferma di questa immensa distanza mentale viene dalla risposta di Zacchiroli alla domanda: Perché, malgrado tutti questi vantaggi, i sistemi operativi liberi faticano a prendere piede tra la maggior parte degli utenti?:

“Oggi non c’è nessun motivo oggettivo per cui un sistema operativo basato su Linux debba essere meno popolare di uno basato su Windows o Mac… Ciò che più preoccupa, di solito, è il costo del cambiamento.

NO! Oggi, in Italia, anche se non ti preoccupa il cambiamento, con Linux non puoi fare cose da gente normale come usare SkyGo o fare il 730 al computer. Non puoi vedere “Il Dittatore del Bunga Bunga” o i vari programmi sui siti RAI che usano SilverLight. Magari non puoi parlare via Internet con la scuola pubblica dove vanno i tuoi figli. O non puoi utilizzare tantissimi documenti pubblici o privati salvati nei formati sbagliati.

È di questo che si deve parlare per diffondere il software libero, altro che “codice sorgente”! E bisogna farlo in maniera equilibrata, menzionando il software in quanto tale solo alla fine. Spiegando che cose come quelle che ho citato sono fatte in maniera cretina, incompetente e dannosa, sprecando un’infinità di soldi pubblici e privati, qualunque sia il software con cui sono o no compatibili. Aiutiamo la gente a combattere sprechi da software e standard proprietari, fregandocene se non contribuiscono alla “comunità”, e avremo creato un ambiente molto più favorevole al software libero di quanto potremmo mai fare continuando a ripetere ad nauseam il Manifesto GNU.

Con “dirigenti” che parlano così, invece, il software libero non vincerà mai.

ATTENZIONE: anche se potrebbe sembrare il contrario, questo non è un attacco personale a Stefano Zacchiroli, solo a un modo di comunicare generale ancora troppo diffuso che, secondo me, è inefficace se non controproducente. L’unica cosa sbagliata che secondo me Zacchiroli ha detto in tutta l’intervista è il “costo del cambiamento” come spiegazione alla scarsa diffusione di Linux. Per il resto, Zacchiroli ha detto tutte cose giuste che condivido, incluse quelle di cui ho criticato la menzione in un’intervista per un quotidiano generalista.

Per esempio, lui segnala un problema molto serio e concreto quando dice che “se in Italia il software libero fosse più diffuso, potrebbero nascere tante piccole società [ma perché questo avvenga] a puntare sull’open source dovrebbero essere in primo luogo il governo e le amministrazioni pubbliche”. Però potrebbero farlo anche tante PMI, se esistesse formazione professionale su Gnu/Linux fatta in un certo modo.

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