Dopo l'acqua, altri dati pubblici diventano davvero pubblici in Australia

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A dicembre 2009 avevo scritto della cosiddetta “privatizzazione dell’acqua”. In quello e poi in un altro articolo facevo notare che, in pratica, fra gestione pubblica o privata dell’acqua può esserci poca o nessuna differenza per i cittadini, se tutti i dati relativi a quella gestione non vengono immediatamente pubblicati su Internet con una licenza d’uso che permetta di usarli come si vuole, come dovrebbe invece avvenire in Australia.

Il mese scorso è arrivato un annuncio che prova come quella decisione potrebbe essere solo una parte di un movimento ben più vasto e promettente, laggiù agli antipodi: il governo di Victoria, uno degli stati australiani, si impegnato a usare, salvo eccezioni, la licenza Creative Commons per tutti i dati del settore pubblico.

Probabilmente ora vi starete chiedendo che significa in italiano corrente quello che ho appena scritto, e perchè mai dovrebbe interessarvi. Fortunatamente, spiegarlo è semplicissimo. Pubblicare tutti i dati relativi a procedure pubbliche, contratti e simili con la giusta licenza Creative Commons significa dare ufficialmente a tutti il permesso di copiarseli per farne quello che vogliono: studiarli, paragonarli con altri, analizzarli in qualsiasi maniera e anche pubblicarli di nuovo, magari con i propri commenti.

Se la TV digitale la guardassimo col computer…

Il motivo per cui cose del genere sono importantissime è presto detto: solo se le Pubbliche Amministrazioni pubblicano online tutti i loro dati in questa maniera diventa legale, rapido, economico e tecnicamente facile sempre e per tutti creare programmi software o speciali siti Web che permettano di capire subito come vengono spesi i soldi pubblici. A quel punto chiunque potrebbe scoprire velocemente, da solo, chi ci guadagna in un appalto pubblico, chi l’ha approvato, che legami ci sono fra quelle persone (tipo stare nel Consiglio d’Amministrazione dellla stessa azienda), quanti appalti un funzionario assegna sempre alla stessa ditta e così via, e denunciare subito ogni irregolarità. Scoprire certi reati potrebbe diventare possibile anche senza avere una laurea in Economia o sperare che qualche giornalista di professione li scopra e denunci per noi. Per avere un’idea di come certi controlli potrebbero diventare veloci, facili e magari anche divertenti, leggetevi cosa accadrebbe se la TV digitale la guardassimo tutti col computer.

L’annuncio del governo di Victoria mostra che da quelle parti sono ben consapevoli che oltre alla trasparenza ci sono altri ottimi motivi per rilasciare dati pubblici in quel modo. Hanno dichiarato che intendono farlo perché si aspettano che “favorirà le attività economiche e fornirà a molti studiosi dati essenziali per le loro ricerche”. In altre parole, se tutto va bene ci saranno più cittadini che, grazie a questa politica, avranno la possibilità di guadagnare più di prima. Come? Ecco uno fra mille esempi possibili: se le mappe digitali che Stato ed Enti Locali devono creare comunque, con i nostri soldi, per curare i nostri interessi, fossero utilizzabili da tutti senza pagarle (una seconda volta) un altro mucchio di quattrini, si potrebbero scrivere guide escursionistiche molto accurate o offrire altri servizi turistici.

Certo, gli annunci sono una cosa e la realtà è un’altra. Quelli che ho descritto sono soltanto il caso migliore possibile e ci sono milioni di modi per rendere inutile una buona legge. In questo caso, per farlo basterebbe che, dopo aver dichiarato che “tutti i dati si pubblicano con licenza Creative Commons, salvo eccezioni per casi particolari”, il Governo dichiarasse “casi particolari” il 90% di quei dati. In ogni caso è bello vedere, in mezzo a tanti politici che semplicemente ignorano l’argomento e proposte di legge sulle nuove tecnologie non proprio efficaci che c’è chi almeno dice di volersi muovere nella direzione giusta.

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