Note e pensieri sparsi dal convegno "Innovazione e Trasparenza nella PA" di Bari

Il 12 e 13 aprile 2011 ha avuto luogo a Bari un convegno sul tema Innovazione e Trasparenza nella PA. Io ho partecipato con una breve relazione, frutto della ricerca Dati Aperti, Società Aperta che è ancora in corso con questo sondaggio a cui tutti i Comuni e Regioni Italiani dovrebbero partecipare.

Il titolo del mio intervento era E-government e Open Data: uno sguardo a benefici e rischi per PA e aziende locali europee. Questa invece è una selezione dei miei appunti e pensieri durante quei due giorni, che riassume alcune delle tendenze, opportunità e problemi più importanti nei campi oggetto del convegno.

Cos’è la Pubblica Amministrazione? Cosa (quanto) deve dire la legge?

Leonello Tronti, del Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione ha parlato di etica pubblica come avere un’Amministrazione “servente” dei cittadini, dopo aver definito l’etica come “lo spazio di ciò che non è esigibile per legge. Tronti ha notato anche che un eccesso di norme forse non giova all’etica pubblica, perché scoraggia e deresponsabilizza, rendendo superfluo il discernimento. Ascoltandolo, mi sono venuti in mente:

  • prima il filosofo Michel Bauwens, che ho sentito un paio di volte indicare come uno dei grandi problemi d’oggi il “picco della gerarchizzazione” (peak hierarchy) cioè il fatto che oggi gli Stati e le altre grandi organizzazioni sono diventati semplicemente troppo stratificati e complicati per riuscire a funzionare
  • poi le denunce di Jacopo Fo su tasse complicate, ostacoli burocratici alle energie rinnovabili e regolamenti inutili
  • e infine la modifica dell’articolo 41 della Costituzione proposta dal governo Berlusconi per specificare che “è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge”

Cos’è la trasparenza e a che serve?

Una parte della soluzione sta nella trasparenza vera: “Non ci si muove nella PA moderna se tutti non siamo chiamati a valutare e ad essere valutati”. Questo lo ha ribadito anche Carlo Mochi Sismondi, attraverso questi punti:

  • Il bene comune deve essere regolato con regole condivise, cosa impossibile in presenza di asimmetria informativa. La PA deve essere trasparente perché (solo) se lo è il cittadino ha più potere
  • Le Istituzioni che cambiano sono quelle che hanno i cittadini più sul collo: i Comuni più delle Regioni, le Regioni più dello Stato.
  • La trasparenza è sia statica (fotografia dello stato delle cose, tramite pubblicazione di dati attenenti alle PA) che dinamica, cioè controllo/valutazione continua delle prestazioni.
  • I problemi cosiddetti NYMBY (Not In My Backyard), cioè l’atteggiamento “fate pure TAV, inceneritori e centrali nucleari, purchè non dietro casa mia”, nascono proprio da mancanza di trasparenza e incapacità di comunicare e coinvolgere cittadini ed enti locali nelle decisioni.
  • Conclusione? Vogliamo una PA conviviale (cfr. Ilych) e abilitante (cfr Amartya Sen).

Viva i dati aperti. Soprattutto quelli pubblici e locali

Anna Cavallo di CSI Piemonte ha ricordato che tantissimi dati che potrebbero essere utili a cittadini e imprese sono già stati raccolti, basta usarli. Gli Enti Pubblici hanno già tante informazioni su tutto, abbastanza aggiornate e neutre. L’approccio vincente è iniziare ad aprirle subito, a piccoli passi (per la cronaca, io nel mio intervento ho mostrato proprio come lo stesso approccio può creare posti di lavoro in tanti modi, anche al di fuori del settore hi-tech).

E la privacy?

Cose sentite su questo argomento:

  • la privacy è uno dei diritti che abbiamo perso, per carenza di informazione, educazione e carenza di potere reale
  • Il CIVIT ne tratta solo in teoria, I casi concreti sono gestiti da delibera del Garante del 2 marzo 2011
  • ma oggi quante sono le PA che rispettano tutto quello che dovrebbero rispettare: linee guida sui loro siti Web, + delibere CIVIT + linee guida garante? (vedi Tronti…)

I documenti e la memoria che stiamo perdendo

Un altro punto per me molto interessante, su cui tutti i cittadini, non solo gli addetti ai lavori, dovrebbero riflettere assolutamente, è stato quello trattato da Andrea Lisi di Anorc. Lisi ha spiegato come e perchè non ci stiamo occupando abbastanza di gestione informatica dei documenti negli Enti Pubblici, in modo molto efficace:

  1. Se all’informazione digitale facciamo percorrere la stessa strada del cartaceo abbiamo perso in partenza
  2. Il documento digitale non è statico ma dinamico, quindi:
  • se non si fa molta attenzione si perde memoria degli eventi
  • occorre garantire: attribuibilità, integrità, sicurezza, autenticità corretta archiviazione.
  1. (IMPORTANTE): Se ci si fida solo della firma digitale, o meglio di quella che sembra una firma digitale, si rischia di fare o prendere per buono un falso documentale!

Lisi ha spiegato l’ultimo punto mostrando come sia facile prendere per buono, se non si possiedono poche nozioni semplici e non tecniche ma fondamentali, un documento con data continuamente cambiata da macro, firmato con certificato digitale scaduto e non apppartenente all’autore del documento.

Un altro esempio fatto di come i punti di Lisi non siano ipotesi teoriche è quello di una società che, non avendo stampato man mano che le emetteva migliaia di fatture create e spedite elettronicamente via SAP, ha poi dovuto spendere un patrimonio (di soldi e di ore-uomo) per ristamparle modificandole a mano. Perchè dal momento dell’emissione a quello della stampa, in moltissimi casi erano cambiati ragioni sociali, partite IVA, indirizzi e tante altre cose che non si potevano (giustamente) rimodificare in SAP.

Semplificazione e abbandono degli orticelli

Domenico Ciccarelli, dell’Assessorato Agricoltura Regione Campania ha raccontato che, quando sono state controllate le procedure che dovevano seguire 10 addetti a controlli sulle vigne che chiedevano rinforzi, si è riuscito a semplificarle in maniera tale che 2 di quei 10 impiegati sono risultati in esubero, quindi disponibili per altri incarichi. Questo mi ricorda il discorso che facevo in Come e quando il software libero fa risparmiare soldi pubblici?.

Lucia Pasetti di RIIR ha segnalato che oggi abbiamo troppi siti e troppi portali pubblici in Italia, quindi troppe spese. Sullo stesso tema Gianluigi Cogo ha chiesto alla platea: quanti dipartimenti e funzionari pubblici sono disposti a rinunciare al loro portale/giocattolo privato?

A fine convegno Benedetta Rivetti ha messo, a mio parere, il dito sulla piaga, notando che oggi in Europa i servizi online vengono usati meno di quanto ci si aspettava perché il Digital Divide culturale è un grossissimo problema. Vedi sullo stesso argomento “Ma gli italiani sono pronti per governo e dati aperti?"