Alfabetizzazione informatica, legami fra generazioni e memoria dei popoli: una storia dalla Thailandia, parte 2

Come si dovrebbe fare correttamente alfabetizzazione informatica nei paesi in via di sviluppo? Questa è la seconda parte del racconto di Ileana su una sua esperienza di questo tipo in Thailandia. La prima parte parlava di problemi più generali, che si potrebbero incontrare nella stessa forma anche in qualsiasi progetto dello stesso tipo nei paesi industrializzati. La seconda domanda a cui Ileana risponde qui sotto era: “quali sono, nei paesi in via di sviluppo, i principali problemi di tipo culturale, non meramente tecnico, in casi del genere, che studenti e insegnanti locali potranno incontrare e come l’ONG dovrebbe lavorare per risolverli (sia prima che durante il progetto)"

Analisi preliminare dei bisogni e delle aspettative degli utenti: una cosa a cui il Centro non ha mai pensato, ancora prima di comprare i computer, era l’utilità di un’analisi accurata del se e perché i ragazzi morgan avessero realmente bisogno di un’aula informatica. Sarebbe stato uno strumento utile sia per risparmiare denaro, evitando di acquistare hardware e software inutile, sia per avere un metro di giudizio sull’andamento del progetto e sulla sua utilità per i ragazzi.

Conoscenza della realtà giovanile nella cittadina di Takuapa: non ho dati precisi sull’uso che gli adolescenti thai fanno del computer e degli strumenti informatici, ma ho potuto verificare di persona cosa avveniva negli Internet Point situati vicino al Centro. Il successo degli internet point che ho avuto modo di frequentare era legato ai giochi di ruolo online. Ho visto ragazzi entrare all’apertura ed uscire alla chiusura, passando il loro tempo unicamente giocando online. Inoltre, i thai leggono pochissimi libri (in genere unicamente best-seller o manga giapponesi) ed hanno un patrimonio letterario piuttosto ridotto. C’è da chiedersi se uno degli obiettivi dei ragazzi morgan non fosse anche quello di avere un accesso gratuito alla Rete per poter provare i giochi online.

Cultura locale e tradizioni: essendo una minoranza davvero ristretta, ed essendo comunque in continuo contatto con la Chiesa locale, Romana e le associazioni cattoliche internazionali, la comunità cattolica thai è tanto piccola quanto molto ricca. Le scuole cattoliche sono le migliori scuole private di tutto il paese e chi è cattolico difficilmente rinuncia ad accedervi ( e in genere può permetterselo). Chi studia in queste scuole (come la maggior parte dello staff del Centro, in particolare i preti e la suora che lo dirigevano) impara presto l’uso dei computer (perché la scuola può permettersi un’aula informatica) e spesso intraprende un lavoro in cui l’uso del computer è importante.

Ma per la cultura morgan, profondamente legata al mare, alla pesca, alla vita semi-nomade, alle tradizioni, all’artigianato e ai lavori manuali, il computer ha poco valore. Forse persino l’istruzione istituzionalizzata ha un valore marginale, con il rischio che venga progressivamente abbandonata. Difficilmente un giovane morgan, se non in rari casi (famiglie che hanno scelto di inserirsi maggiormente nella società thai, matrimoni misti, ecc), sceglierà di studiare e di lavorare con il computer. Quanto può avere successo un’aula informatica per un gruppo di giovani ragazzi morgan? È da considerare anche il fatto che più volte i leader della comunità avevano espresso il desiderio di tramandare personalmente ai giovani le tradizioni morgan; tale obiettivo era ritenuto più importante di qualsiasi attività organizzata dal Centro, anche solo di carattere ricreativo.

Tant’è vero che spesso i ragazzi non partecipavano all’attività perchè avevano altro da fare con i propri familiari. Credo che nessuno, al Centro, abbia mai pensato di proporre al villaggio l’uso del computer come strumento per salvaguardare e tramandare la cultura morgan.

Commento finale di Marco: quasi dieci anni fa, agli inizi del progetto RULE, scrivevo a un funzionario dell’Unesco che secondo me una delle prime cose da fare, arrivando in un villaggio con un computer o con qualsiasi altro aggeggio elettronico adatto allo scopo, sarebbe stato usare quella tecnologia per conservare in formato digitale, prima che andasse persa per sempre, la cultura locale: ricette, canti, tradizioni medicinali e gastronomiche, folkore, tutto insomma. Quello raccontato da Ileana è un caso in cui una tale attività sarebbe stata molto più accettata di un generico corso d’informatica, e avrebbe prodotto risultati positivi anche se, una volta terminata, quei computer fossero finiti in qualche discarica, o fossero stati usati solo per giocare o chiacchierare online.