Dopo Umberto Eco, anche Franco Debenedetti sbaglia sui libri elettronici

Qualche mese fa scrivevo su un altro sito che Umberto Eco ha detto una cosa giustissima sui libri di carta ("non sperate di liberarvene") dando però una giustificazione assolutamente balorda:

"la vera ragione per cui i libri avranno lunga vita èche abbiamo la prova che sopravvivono in ottima salute libri stampati più di cinquecento anni fa, e pergamene di duemila anni, mentre non abbiamo alcuna prova della durata di un supporto elettronico".

Questa affermazione è balorda, come ho spiegato abbondantemente in quell'articolo, perché, mentre è verissimo che testi e altri contenuti digitali possono durare solo pochi anni:

"il vero motivo non centra **nulla** con le cose di cui parla Eco, cio il supporto fisico su cui conserviamo le sequenze di bit costituenti i documenti digitali che chiamiamo file; il fatto che ancora oggi siamo talmente immaturi e ignoranti (come societ) da tollerare formati di file segreti... Al mondo esistono milioni di floppy disk dei primi anni 90 che sono ancora perfettamente leggibili, quindi copiabili senza nessun problema su chiavette o qualsiasi altra cosa ma **inutile** farlo perch non esiste più alcun programma capace di leggere i file che contengono"

Insomma i file sono una cosa (sequenze di bit copiabili senza errore da un supporto a un altro), l'oggetto fisico che li contiene un'altra, ben distinta. Il motivo per cui devo tornare sull'argomento è che ho appena scoperto un altro intellettuale che dice le stesse cose. A pagina 74 del numero del 24 novembre 2010 di Vanity Fair Franco Debenedetti spiega infatti a lettori e lettrici "Perché la stampa non morirà mai" con queste affermazioni:

  • L'idea che la registrazione elettronica sia "eterna" è un mito del tutto senza fondamento: i computer di oggi non leggono più i floppy disc di dieci anni fa
  • Un libro del 1200 l'ho potuto avere in mano, e riuscivo a leggerne i caratteri senza difficoltà

che non stanno proprio in piedi. Se i libri cartacei rimarranno in circolazione non sarà certo per queste "ragioni". La seconda non tiene assolutamente conto del fatto che se quel libro del 1200 dovesse bruciare o ammuffire il suo contenuto sarebbe perduto per sempre. Mentre evitare lo stesso rischio con un file (o centomila) è facilissimo e costa infinitamente meno che duplicare libri cartacei: basta fare tante copie di quel file in posti e supporti fisici diversi (ad esempio una copia su Internet, una su DVD, una su chiave USB...) e verificare periodicamente che non si siano degradati fisicamente.

La prima affermazione è peggio della seconda, perché sbaglia la descrizione stessa del problema facendo una confusione enorme fra software, hardware e formati. È come se Debenedetti avesse scritto che la Bibbia o l'Odissea non sono eterne perché oggi non si fanno più le pergamene su cui vennero scritte le edizioni originali, quelle che invece leggiamo senza problemi perché sono state copiate milioni di volte. La verità è che un file pu essere molto più eterno di qualsiasi oggetto materiale (a patto di sapere come va letto, vedi sotto) proprio perché è solo una sequenza di bit che può essere copiata all'infinito, automaticamente e senza alcuna degradazione, da un supporto fisico a un altro.

I computer, cioè l'hardware, di oggi leggono tranquillamente i floppy disc di dieci anni fa. Basta comprare un lettore esterno per floppy disc per farne subito quante copie si vogliono di tutti i file che contiene su DVD, chiavi USB eccetera (se avete ancora floppy fatelo subito, prima che escano dal commercio quei lettori). Il problema, se c'è, è quando quei file (cioè quelle sequenze di bit) sono scritti con regole segrete o dimenticate, quindi sconosciute ai programmi software che usiamo oggi. Cioè quando si ignorano le specifiche del loro formato. Quello dei formati segreti o dimenticati è un problema vero, enorme, che causa gi enormi problemi come spiego in un mio seminario. Ma non c'entra assolutamente niente con l'hardware o il fatto che la vita media di un DVD infinitamente più breve di quella di un libro cartaceo.

A Umberto Eco, che scrive divinamente, ha una cultura sconfinata in tanti altri campi e in ogni caso non è un tecnico addetto ai lavori, una castroneria come questa si perdona con affetto. A chi è stato per quattordici anni Amministratore Delegato e dirigente a vario titolo di una delle più grandi aziende informatiche italiane un po' meno. Soprattutto se è una persona che ha esperienza diretta non solo del mondo dell'informatica ma anche di quello della stampa, visto che è anche consigliere d'amministrazione di CIR, l'azienda che controlla grandi riviste cartacee come Espresso e Repubblica. Hey, aspettate un momento...