Certificati di vaccinazione computer per navigare su Internet? Stiamo scherzando?

L’impegno con cui certe aziende provano a far passare i guai creati dai loro prodotti e metodi come problemi assolutamente generali di cui loro non hanno alcuna colpa, che dovrebbero essere risolti da qualcun altro con denaro pubblico, è impressionante.

Mi sono appena fatto una solenne risata leggendo un articolo della BBC che spiega l’ultima, eccezinoale idea su come risolvere gli enormi problemi causati in tutto il mondo dai computer pieni di virus (su cui oggi, nella gran maggioranza dei casi, gira qualche versione di Microsoft Windows):

  1. i computer “infetti” cioè quelli che, essendo infestati da virus sono un rischio per tutti gli altri computer, “dovrebbero essere banditi da Internet”, proprio come nel mondo reale gli esseri umani non vaccinati vengono messi in quarantena per impedire che contagino altre persone (qui c’è la proposta originale di Microsoft

  2. Perciò, dice il dirigente Microsoft Scott Charney, tutti i computer dovrebbero esibire un certificato di vaccinazione, o se vogliamo di sana e robusta costituzione che ne provi la buona salute, prima di potersi connettere a Internet. Inoltre, sempre secondo la BBC, “Microsoft sostiene che per far funzionare uno schema del genere sono necessarie quattro fasi. fra le quali la definizione di cosa si intende per “computer sano”, la creazione di un sistema affidabile per i certificati di vaccinazione e l’individuazione dei sistemi con cui i fornitori di accesso a Internet dovrebbero gestire i certificati e agire in base alla loro validità. Microsoft ha anche spiegato che servirebbe un quadro normativo legale di riferimento

Bisogna riconoscere che il signor Charney è una persona davvero intelligente, piena d’impegno e profondamente devota alla sua missione.

Prima di tutto, è riuscito a descrivere un problema che oggi, in gran parte, è causato proprio da difetti nei programmi venduti dalla sua azienda, in qualcosa che qualsiasi governo che abbia davvero a cuore la libertà dei suoi cittadini non vedrebbe l’ora di risolvere, ovviamente nell’interesse degli stessi cittadini. Questo è genio al lavoro, nulla di meno. Perché presentare computer impestati da virus informatici come “computer infetti, o malati” e la loro esistenza come un problema di “salute pubblica” (1) che dovrebbe essere affrontato con “quadri normativi legali” che definiscano e impongano profili di “computer sani, cioè affidabili” non porterebbe ad altro che a mutilare i computer stessi in modo che non facciano più quello che volete voi, ma solo quel che decide qualcun altro. In altre parole, questa proposta darebbe ai governi una ragione di risolvere i problemi creati da Microsoft con i loro (cioè TUOI) soldi, perché così facendo otterrebbero anche qualcos’altro che vogliono loro. Per non parlare del fatto che (sfruttando l’enorme aiuto fornitogli da chi scarica musica a tutto spiano) anche le compagnie cinematografiche e discografiche ne approfitterebbero sicuramente per far aggiungere alla lista dei “vaccini” da somministrare d’ufficio a ogni computer vari meccanismi anticopia.

Ma non basta! Il signor Charney arriva e fa una proposta del genere… solo sette mesi dopo averne fatta un’altra, sullo stesso argomento, altrettanto assurda e offensiva: tassare TUTTI per risolvere i problemi di sicurezza di Microsoft! Sono senza parole, sul serio.

D’accordo, ma qual è la soluzione? E qual è il vero problema?

Tanto per rifletterci sopra insieme, faccio una domanda: ma perché non fare invece una legge che obblighi tutti i fornitori d’accesso a Internet a dare a tutti i loro clienti un CD con qualche versione di Gnu/Linux ottimizzata per la sicurezza, facendogli poi firmare una dichiarazione tipo “se vi connetterete a Internet con qualsiasi altro software, lo farete a vostro rischio e pericolo e pagherete VOI ogni danno causato a terzi”?

Ma torniamo al signor Charney. Il vero problema, cioè la vera ragione per cui lui (o chiunque altro in qualsiasi azienda, ovviamente) può pensare di fare pubblicamente certe proposte senza essere allontanato o sommerso da una marea di risate, è qualcosa di molto più generale dei metodi di Microsoft o della qualità dei loro prodotti.

I computer sono hardware, cioè oggetti fisici. L’hardware non si può “ammalare” in maniere infettive, che danneggino altri computer anche a distanza e continuamente. I problemi di salute dell’hardware sono cose come fusibili o trasformatori di corrente che saltano, friggendo all’istante tutto il computer (e i dati contenuti al suo interno), ma non sono infettive, nel senso che non rompono le scatole con spam, virus e quant’altro, magari per settimane, a migliaia di altri utenti di Internet. Problemi del genere, infettivi, sono causati solo dal software, quindi è sbagliato parlare di computer infetti. È solo il software che può essere infetto, o infettivo.

Insomma, qui il vero problema è l’ignoranza abissale, prima di tutto fra i politici e poi fra la gente comune, di cosa sono veramente l’hardware e il software. Qui ci vuole educazione, quella vera, altro che certificati. E subito.

Chiarito questo, per quanto mi riguarda sono assolutamente d’accordo con il signor Charney nel considerare gli utenti di software pieno di virus come una questione di salute pubblica, e nel pensare che i loro fornitori di accesso a Internet dovrebbero impedirgli l’accesso alla Rete. L’unica cosa che non voglio sono i “controlli sanitari” centralizzati tramite l’ennesima incarnazione del Trusted Computing o comunque impostati e gestiti da singole aziende private. Basta staccare subito dalla rete chi inizia a trasmettere spam o virus e spiegargli chiaramente perché. Sarà poi cura di quegli utenti trovare e installare, da soli o con esperti di loro scelta ma comunque a spese loro, software che non si ammali al primo virus che incontra. Software come Gnu/Linux, per esempio.

(1) questa è una mia traduzione del riassunto fatto da BBC della proposta di Charney, ma potete leggervi (in inglese) la versione integrale nella proposta ufficiale di Microsoft, “Collective Defense: Applying Public Health Models to the Internet”